È stata la prima volta che viaggiavo in Inghilterra eppure ricordo che, mente mi avvicinavo alla città di Oxford, il paesaggio circostante mi aveva richiamato alla mente qualcosa di familiare e non passò molto tempo prima che capissi a cosa l’avevo associato. Infatti, penso non sia troppo difficile scorgere nella bella campagna inglese alcuni tratti tipici della “Contea”, nomen loquens per tutti gli appassionati di J.R.R. Tolkien, che proprio in quella città ha vissuto e insegnato e che hanno certamente nutrito la sua fantasia. Appena entrato in città, curiosamente, mi era istintivamente sopraggiunta un’altra associazione come di qualcosa già visto. Osservando la struttura delle case e lo stile architettonico di alcuni palazzi mi sembrava di rivedere una delle scene delle pellicole dei film di Harry Potter ed, effettivamente, ho scoperto dopo che alcune scene erano state girate proprio lì. Un inizio forse un po’ strano, ma penso renda bene l’idea di quanto sia piacevole e stimolante quel posto, così famoso per la vita accademica e allo stesso tempo capace di nutrire fervidamente l’immaginazione come testimoniano anche altri scrittori famosi che vi hanno vissuto quali per esempio C. S. Lewis e L. Carroll. La città di Oxford è famosa in tutto il mondo e non le occorrono davvero particolari presentazioni, così posso solo dire che per quella che è stata la mia esperienza, la sua fama è ben meritata.

Sono andato lì per imparare la lingua perché, come la maggior parte degli studenti italiani, dopo aver studiato inglese per anni a scuola e saper magari recitare a memoria qualche verso di Shakespeare, l’unica frase che avevo realmente imparato a dire con una certa sicurezza era: I do not speak English.

Tutto sommato posso dire di essere  rimasto contento di questa mancanza perché mi ha permesso di vivere una bellissima esperienza in terra inglese che potrei definire essere stata, in un senso molto generale ma pur sempre appropriato, di un vero umanesimo cristiano; andato lì solo per imparare una lingua, mi sono reso conto di aver trovato soprattutto relazioni, ed è stata l’occasione per meditarci e pregarci sopra.

Tra le relazioni più belle che ho avuto la possibilità di intessere vi sono al primo posto quelle con i nostri confratelli inglesi nel convento della famosa città universitaria. Il convento di trova nel centro cittadino, è sede dello studentato e come parte dell’università di Oxford è una presenza senz’altro significativa per la città e per l’Ordine. La comunità è la più numerosa della Provincia ed è attiva sotto vari aspetti. I frati sono stati accoglienti e disponibili da subito, avendo anche avuto la pazienza di ripetere più volte la stessa frase qualora non capissi e di mettere i sottotitoli quando mi invitavano a vedere un film. Ricordo dei bei momenti spesi insieme quali per esempio le battute con Ombres, un anglo-italiano o come dice lui un anglo-napoletano, le chiacchierate coi padri e gli studenti nelle ricreazioni, la visita al convento nella città di Leicester col priore Robert e i momenti a Londra con fr. Richard, fr. Samuel e fr. Toby.

Per fare una battuta si potrebbe dire che una cosa differenzia il frate inglese da quello italiano: la cucina, ma non lo dico nel senso che ci si potrebbe immediatamente aspettare. Il fatto è che i nostri confratelli inglesi sono abituati a cucinare per se e per la comunità (chi bene, chi alla meglio), e tutti, dal più anziano dei padri al più giovane degli studenti dopo cena danno una mano a pulire, lavare ed asciugare. Devo dire di avere un piacevolissimo ricordo di questi momenti in cui si lavorava e scherzava insieme e penso possa fare molto bene alla vita di comunità.

Frequentando poi per il tempo del mio soggiorno un corso di lingua intensivo, è logico che molto tempo l’ho trascorso sui banchi di scuola ed anche questa è stata un’esperienza molto intensa e ricchissima di belle relazioni. L’ambiente era internazionale a 360 gradi, avendo incontrato persone provenienti praticamente da tutte le parti del mondo e devo dire che, forse, non ho mai parlato così tanto di Dio come un quei giorni. Non si tratta di proselitismo o di chissà cosa ma della normale routine di come una scuola di lingue imposta gli esercizi di speaking, per cui devi continuamente, nelle varie classi di alunni, presentarti e colloquiare su cosa fai nella vita, su particolari temi quali paesi, le credenze ecc. Per questo, moltissime volte ho dovuto parlare della mia vocazione o in generale della mia fede perché un discreto numero non conosceva pressoché nulla della fede cristiana cattolica e alcuni, incuriositi, mi ponevano loro stessi molte domande. Per esempio ricordo con piacere le chiacchierate sul cristianesimo e l’islam con Abdullah, musulmano dall’Arabia Saudita, le espressioni stupite e affascinate di due giapponesi quando ho spiegato loro perché non potevo credere nelle superstizioni dato che credevo in Dio, la centralità del rapporto con Dio come nostra felicità con alcuni dalla Svizzera e dalla Turchia, gli scambi con alcuni atei-agnostici e veramente troppe altre cose per poterle scrivere tutte.

Prima ho detto che, essendo andato in Inghilterra per la lingua, vi ho travato soprattutto relazioni, e tutto questo focus sulle relazioni, accompagnato dalla preghiera, non poteva non farmi ancor più considerare e apprezzare quell’unica relazione che può arrivare davvero fino al fondo di te e che nessuna lingua può esaurire: la relazione con Dio. Questa rimane sempre quella decisiva e la più bella, l’unica capace di abbracciare tutto il tuo essere, alla luce della quale tutti gli altri rapporti sono belli e ordinati, senza la quale tutto, in fin dei conti, o non vale o non dura. Alla domanda degli esercizi di speaking su “chi è il tuo migliore amico o chi può veramente esserlo”, la risposta più sincera poteva essere solo una: Dio, l’unico che c’è veramente sempre e che ti conosce molto meglio di come tu ti conosca, e devo dire che ho trovato questa affermazione condivisa da alcuni compagni di classe. Così, allo stesso modo, alla domanda “dove abiti qui in Oxford”, la risposta che mi usciva più naturale era “a casa mia con i miei fratelli”, e pensavo alle parole di Gesù quando prometteva di ricevere “cento volte tanto in case e fratelli …”. Effettivamente mi sono sempre sentito a casa nei conventi inglesi così come mi sento a casa nei conventi della mia Provincia in Italia ed è sempre stato lo stesso finora ovunque sono andato. Per questo posso dire che il mio soggiorno in Inghilterra mi ha anche confermato nella scelta di dire il mio sì definitivo questo 8 settembre con la mia professione solenne nell’Ordine dei Predicatori, per essere per sempre tutto per Dio insieme ai fratelli nella predicazione. Ho parlato all’inizio dell’articolo di un’esperienza di umanesimo cristiano, beh intendevo un po’ tutto quello che ho scritto qui sopra, perché è vero quanto ricordava De Lubac che il cristianesimo è divinizzante e umanizzante insieme, nel coltivare il rapporto col Dio Incarnato fiorisce la tua umanità e si invera l’infinita seta di verità e di amore nel tuo cuore, così da poter anche veramente far comunione coi fratelli e accettare, nonché rispettare, le diversità degli altri rimanendone arricchito.

In queste sette settimane posso ringraziare il Signore di aver sperimentato questo ed è un’esperienza che consiglio a tutti.

Fra Andrea Maria Codignola