UNA QUESTIONE DI PRIORITÀ

26 LUGLIO 2020

LETTURE: 1Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52

La prima lettura, tratta dal Primo Libro dei Re, e il brano del Vangelo secondo Matteo mettono al centro dell’attenzione dell’assemblea, raccolta per celebrare la risurrezione del suo Signore, quanto sia determinante, nel rapporto con Dio e nel riconoscimento e nell’accoglienza del Regno, la questione relativa alla deliberazione delle priorità nel corso dell’esistenza. Il passo della Lettera ai Romani presentato dalla liturgia della Parola, interviene per collocare il piano dei desideri e la qualità delle scelte dei fedeli nel contesto, più ampio e decisivo, del disegno concepito e attuato da Dio nel Figlio incarnato: la destinazione dell’umanità alla partecipazione della stessa vita divina.

Quale poteva essere la priorità per un giovane re del mondo antico? Dal punto di vista dell’uomo, ferito nella sua relazione con il Creatore dal peccato originale, si può ipotizzare che un sovrano avesse nel cuore il desiderio della ricchezza o di essere liberato dai nemici più minacciosi, mezzi utili all’accrescimento o alla custodia del proprio potere. La vicenda di Salomone, così com’è narrata nel Primo Libro dei Re, mostra che ben altro costituiva l’oggetto del desiderio del giovane re, passato alla storia come emblema vivente della saggezza. A Dio, che in sogno, gli promette di concedergli ciò che vuole, Salomone, sapendo di essere «solo un ragazzo» nel mezzo del popolo del Signore, chiede un «cuore docile», ossia disposto ad essere istruito al fine di ottenere quella sapienza necessaria per rendere giustizia al popolo e per discernere ciò che è bene e ciò che comporta un male. L’umiltà di Salomone, che riconosce la propria verità a fronte dell’offerta divina, e la sua capacità di desiderare da Dio ciò che gli occorre per rispondere alla propria vocazione (e non alla propria volontà di potenza o al proprio interesse autoreferenziale) sono piaciuti agli occhi del Signore, che concede al Re un «cuore saggio e intelligente». Dio approva così la richiesta di Salomone, perché ha dato priorità ad un desiderio fecondo che lo rende destinatario di un dono a vantaggio del popolo che Dio stesso gli ha affidato. Mettere al primo posto, nel piano dei propri desideri, ciò che contribuisce essenzialmente non a realizzare la “propria” volontà, ma il disegno divino nel quale ognuno di noi è coinvolto al fine di poterlo abitare in modo adeguato significa in fondo chiedere a Dio che “sia fatta la sua volontà”. Dio acconsente volentieri ai desideri che esprimono l’intenzione di realizzare liberamente la sua stessa volontà in noi, essenzialmente perché fare la volontà di Dio significa per l’uomo perseguire il sommo bene per sé e per gli altri o, nel caso di Salomone, per sé e per coloro che gli sono stati affidati. Lo sa bene il salmista, il quale – all’inizio della parte del salmo 118 selezionato per questa domenica – afferma serenamente che “mia parte è il Signore: / ho deciso di osservare le tue parole. / Bene per me è la legge della tua bocca, / più di mille pezzi d’oro e d’argento”.

Quest’ultimo riferimento ci conduce direttamente alla pericope evangelica dove troviamo alcune parabole del Regno che parlano di un tesoro nel campo e di una perla preziosa (insieme alla rete gettata nel mare che raccoglie ogni genere di pesci sulla quale, tuttavia, non ci soffermiamo). Attraverso queste brevi parabole Gesù ci invita a considerare il regno dei cieli come una questione di priorità. La caratteristica fondamentale del Regno, a differenza di quanto è narrato a proposito di Salomone, è che quest’ultimo accade e quasi s’impone come una priorità nella vita dell’uomo che trova il tesoro nascosto nel campo e del mercante che trova una perla di grande valore. Il tesoro è capace di suscitare una grande gioia, tale da meritare un investimento completo. Incontrare il Regno dei cieli significa lasciarsi persuadere fino in fondo del suo primato nella nostra vita. Se il Regno accade là dove c’è Cristo, l’incontro con Cristo non dovrebbe comportare l’intuizione del primato che gli spetta nelle nostre vite? In un certo senso dovrebbe essere proprio così, soprattutto se Egli ottiene il riconoscimento di quel primato sulla base della persuasione che la bellezza del suo amore misericordioso esercita su di noi. Proprio come se il suo donarsi a noi corrispondesse al nostro desiderio più profondo e vero, in modo tale che – una volta che lo si è realmente trovato – non potesse che assumere quel primato nella nostra vita che in un certo senso lo attendeva da sempre. Un po’ come fu per Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68) e un po’ come ci ha suggerito il Signore stesso: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

Il mistero della corrispondenza tra il darsi del Regno dei cieli e il desiderio iscritto nel cuore di ogni uomo, considerato dal punto di vista offertoci dalla seconda lettura, assume i tratti del disegno di Dio per coloro ch’Egli ha predestinato, chiamato, giustificato e glorificato in Cristo. In termini paolini, la predestinazione ad essere conformi all’immagine del Figlio ci parla di quel medesimo mistero per cui – una volta trovato effettivamente – il Regno dei cieli assume il primato nella vita di chi lo ha incontrato. Come il Figlio, Dio Egli stesso, ha assunto la natura umana, così ogni uomo porta in sé il desiderio di essere partecipe della vita divina: che questo desiderio venga realizzato nella forma del dono di grazia è parte integrante del Disegno divino.

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