P. Roberto Coggi o.p.

Se dovessi dire se la mia vocazione fu una vocazione adulta o no, penso che non potrei dare una risposta netta. In un certo senso infatti la mia vocazione fu adulta in quanto la decisione di entrare in convento per fare la prova del noviziato la presi solo a 26 anni, terminata l’università e compiuto il servizio militare come sottotenente nel genio aeronautico (essendo laureato in ingegneria aeronautica). D’altra parte cominciai a pensare alla vocazione fin dalla prima e seconda elementare, se non forse anche prima. Ricordo che a quell’età mia mamma mi diceva: sarei contenta se tu diventassi parroco, così verrei ad abitare con te e a passare con te i miei ultimi anni come perpetua. In realtà ciò non poté avvenire poiché mia mamma morì quando avevo tredici anni e io più tardi non divenni parroco, ma frate domenicano.
Nel corso dei miei studi civili (liceo classico e ingegneria) il pensiero della vocazione andava e veniva, soprattutto perché la mia famiglia, di una religiosità normale, non contava nelle generazioni passate personalità ecclesiastiche, per cui io sembravo una mosca bianca. Inoltre in casa mia erano tutti ingegneri, per cui sembrava scontato che dovessi diventarlo anch’io.. Così, quasi per necessità di cose, mi lasciai trascinare dagli esempi familiari e seguii la strada presa da mio fratello, più anziano di me di cinque anni, e mi iscrissi a ingegneria chimica. Ma mentre le materie del biennio propedeutico le trovai interessanti e anche appassionanti, quando cominciarono le materie chimiche sentii sorgere in me una forte ripugnanza, anche perché sotto sotto sapevo che prima o dopo sarei entrato in convento. Per cui mi dicevo: chi me lo fa fare di seguire delle materie molto complesse e difficili, che non mi interessavano e che non mi sarebbero mai servite? Così decisi di passare a ingegneria aeronautica, seguendo la mia antica passione per gli aerei, per cui ero stato un appassionato aeromodellista. In queste mie decisioni influì molto anche un mio pellegrinaggio a Lourdes nel 1960.
Arrivai alla laurea ma sentivo ancora un’incertezza di fondo. Entrare subito in onvento sarebbe stato visto male nella mia famiglia. Allora pensai di tergiversare ancora facendo un anno di servizio militare come sottotenente. Lavoravo presso la SIAI MARCHETTI, una fabbrica di aerei militari con sede sul lago Maggiore e pernottavo alla Malpensa. Fu un anno molto bello. La mia vocazione si rafforzava poiché avevo molto tempo libero per leggere e pregare. Inoltre il gruppo di militari con cui vivevo mi si affezionò, e tale affezione fu da me ricambiata. Quando da frate tornai a trovare i miei vecchi colleghi, fu una festa grande. Ma come fu presa (finalmente!) la decisione di entrare nel noviziato? Ricordo benissimo. Ero alla Malpensa nell’estate del 1963. Presi in mano la Bibbia e l’occhio mi cadde sul Salmo 26 versetto 4 che dice: “Una cosa ho chiesto al Signore,questa sola io cerco:abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario”. Tutto mi fu chiaro: questo è ciò che desidero, questo è ciò che soltanto mi interessa veramente, questa è la mia vocazione. Dopo qualche settimana entrai in noviziato. Ebbi qualche giorno di disagio e di angoscia, ma poi tutto passò. Ogni dubbio svanì e compresi che quella era la mia vita. E così è stato fino ad oggi.
P. Roberto Coggi o.p.