Le tappe del percorso vocazionale e formativo
«Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1); e se Egli è «colui che dà origine alle fede e la porta a compimento» (Eb 12,2), lo è a maggior ragione della vocazione religiosa, che rimane a tutti gli effetti un’avventura spirituale. Questa verità, da tenere sempre in mente fino alla fine, non toglie nulla alla necessità di mezzi umani adatti a realizzarla, alla necessità di un percorso durante il quale viene a “incarnarsi” la risposta umana all’iniziativa dello Spirito.
Rispetto alla grandezza e al mistero della chiamata, il tenore asettico e quasi giuridico dei termini usati qui di seguito potranno sembrare una stonatura; ma hanno il vantaggio della chiarezza. Le citazioni sono tratte dal Libro delle Costituzioni e delle Ordinazioni dei frati dell’Ordine dei predicatori (C), dagli Atti (A) e dallo Statuto (S) del Capitolo Provinciale del 2013.
Il percorso comprende varie tappe, la cui lunghezza e forma possono variare da individuo a individuo a seconda dell’orientamento vocazionale (cooperatore o chierico), della maturità umana, degli studi compiuti antecedentemente, dell’essere già presbiteri al momento dell’ingresso, ecc…
La prima fase, ossia quella della formazione iniziale, si svolge in tre tappe.
LA PRIMA TAPPA
La prima tappa (circa due anni) include un approccio iniziale che culmina nel prenoviziato. Per un anno o meno, il candidato, oltre a confrontarsi con uno dei promotori locali della pastorale vocazionale (cf. elenco), partecipa a circa sei incontri organizzati dal promotore provinciale in diversi conventi della Provincia.
Al momento opportuno e dietro sua «esplicita richiesta» (S, n.20. – § II), egli viene introdotto nel prenoviziato vero e proprio che «è compiuto ordinariamente in forma residenziale [nel convento preposto a tale scopo], per un periodo normalmente di un anno scolastico. In questo caso i prenovizi compiranno un itinerario di catechesi e completeranno, se necessario, la loro formazione propedeutica agli studi filosofico-teologici, conseguendo altresì una sufficiente conoscenza del latino, del greco e di una lingua moderna, privilegiando l’inglese in funzione dei successivi studi istituzionali» (A, n.40). «Il fine di questo periodo è di preparare l’aspirante al noviziato specialmente con l’istruzione catechetica e una certa formazione per affrontare in modo adeguato la vita comunitaria, nonché di dare all’Ordine l’opportunità di valutare l’idoneità degli aspiranti ad abbracciare la vita domenicana» (C, n.167. – § III).
In certi casi, «al fine di essere tutelati nello studio e nel lavoro, i prenovizi possono essere accolti anche in altre comunità» (S, n.20. – § IV); «il prenoviziato può anche essere compiuto in forma non residenziale, attraverso incontri e colloqui con il responsabile del prenoviziato stesso, visite regolari alle comunità della Provincia, oltre a un tempo congruo di residenzialità prima dell’intimazione del noviziato» (A, n.40).
LA SECONDA TAPPA
La seconda tappa (almeno un anno) , ossia il noviziato, segna l’ingresso vero e proprio nella vita religiosa. «Il noviziato è il periodo di prova appositamente istituito perché i novizi conoscano più profondamente la vocazione divina e particolarmente quella domenicana, sperimentino la vita dell’Ordine, si formino con la mente e con il cuore nello spirito domenicano e diano agli altri frati la testimonianza del loro proposito e della loro idoneità» (C, n.177). Durante questo periodo, il novizio interrompe qualsiasi attività esterna come pure gli studi accademici (interni o esterni) e, sotto la guida del maestro, viene aiutato ad approfondire la propria formazione spirituale e religiosa nonché la conoscenza delle Costituzioni e della storia dell’Ordine. Le stesse attività apostoliche sono ridotte al minimo e vissute in comune assieme al maestro.
«Il noviziato deve essere compiuto nel convento a questo scopo canonicamente eretto» (C, n.180. – § I). «Terminato l’anno di noviziato, […] se permane qualche dubbio circa l’idoneità del novizio, il provinciale può prolungare il tempo della prova, ma non oltre sei mesi» (C, n.178. – § IV).
Conclusa questa tappa, il novizio è chiamato a pronunciare la sua prima professione. «Nel nostro Ordine si emettono due professioni: una semplice e temporanea dopo il noviziato; l’altra solenne e quindi perpetua» (C, n.190). La prima «professione si emette per un triennio; secondo lo statuto della provincia questa professione si può emettere per uno o due anni, in modo però che si debba rinnovare sino al compimento del triennio» (C, n.195. – § II).
LA TERZA TAPPA
Nella terza tappa, i percorsi si diversificano a seconda dell’orientamento vocazionale dei neo-professi: «i frati studenti cooperatori trascorrano nella comunità di studentato gli anni della formazione iniziale, seguendo il percorso di studi previsto…» (S, n.33). Invece «i frati chierici […] ordinariamente passano allo studentato, dove regolarmente rimangono fino al presbiterato o al termine degli studi istituzionali per continuare e completare la loro formazione» (C, n.221).
Lo studentato si suddivide in due blocchi: il triennio di filosofia e il triennio di teologia (tre + tre anni) . In questa lunga tappa, contrariamente a quanto avviene agli studenti universitari, ancora incapaci di realizzare la loro vita sia affettiva (il matrimonio) che professionale, gli studenti domenicani, pur dovendosi concentrare sullo studio, si trovano già inseriti in un quadro definitivo di vita domenicana con le sue componenti essenziali di preghiera sia personale che comunitaria, e di vita comune; per di più, «i religiosi, secondo la loro diversa condizione, siano introdotti gradualmente e con prudenza alla vita apostolica attraverso una vera ed attiva partecipazione» (C, n.215).
«I frati studenti chierici conseguano ordinariamente il baccellierato in filosofia e teologia, salva dispensa del Priore provinciale» (A, n.56).
In questa tappa, i religiosi in formazione sono inoltre proiettati verso il compimento della loro vita religiosa e apostolica attraveso la professione solenne e il conseguimento dei ministeri e degli ordini. Infatti, «scaduto il tempo della professione semplice, il frate faccia la professione solenne o ritorni nel secolo» (C, n.205). Invece, «dopo un’adeguata preparazione, i frati studenti, sia chierici sia cooperatori, vengano ordinariamente istituiti lettori durante il secondo anno di professione semplice e accoliti durante il terzo» (S, n.29).
Tuttavia, «possono essere promossi agli ordini solo i frati che siano professi solenni» (C, n.246). E «grazie ad un privilegio concesso al nostro Ordine, i frati studenti chierici possono essere ordinati presbiteri dopo il terzo anno di teologia, a condizione che portino a compimento il ciclo di studi istituzionali conseguendo il baccellierato» (A, n.58).
Compiuta questa fase della formazione iniziale con le sue tre tappe e gli studi istituzionali, i religiosi entrano in quella della formazione complementare e permanente, non di rado preceduta da un’anno dedicato principalmente all’apostolato: «in vista di una migliore valorizzazione degli studi complementari, i frati studenti chierici compiano l’anno di pastorale al termine del triennio teologico» (A, n.60).
L’espressione formazione complementare si riferisce soprattutto agli studi successivi al baccellierato in teologia (licenza, dottorato, studi speciali).
La formazione permanente, invece, è un espressione più generica: «la formazione permanente è al servizio della crescita spirituale della persona e dell’impegno di predicazione dei frati» (S, n.35). Per l’essenziale, tale formazione si concretizza nello studio: «Lo studio, componente essenziale della nostra vocazione, non può essere inteso come semplice disciplina intellettuale limitata agli anni della formazione iniziale, ma come un elemento della nostra formazione permanente» (S, n.7. – § I). «Ne segue, anche per la nostra comunità provinciale, il grave obbligo di offrire, indistintamente, a tutti i suoi membri, la reale possibilità di attendere con ogni energia allo studio della sacra verità (LCO 87)» (S, n.7. – § II).