30 marzo 2018

Un amore offerto per la salvezza di tutti

Letture: Is 52, 13-53, 12; Sal 30; 1Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-15

Con la celebrazione dell’eucarestia alla sera del giovedì santo inizia il Santo Triduo. Dopo il tramonto del sole, la cena prefigura in forma rituale ciò che avverrà nella crocifissione; il venerdì pomeriggio, la Passione conferma pienamente l’autenticità di ciò che è stato detto nel corso della cena. Con le letture proposte la liturgia intende evidenziare l’unità del mistero pasquale. I tre passi biblici scelti e proclamati per la funzione liturgica «In passione Domini» presentano il mistero pasquale sotto gli aspetti della morte e della resurrezione e, pur ricordando la sofferenza e la morte, fanno risplendere la gloria della giustificazione e dell’amore di Dio. In modo particolare, va sottolineata la scelta di leggere oggi il testo della passione secondo Giovanni, tradizione molto antica che risale ai primi secoli della chiesa. Una comparazione tra il racconto di Giovanni e quello dei vangeli sinottici può risultare utile ai fini dell’omelia; allo stesso tempo, giustifica la costante preferenza della liturgia per il quarto vangelo quando intende celebrare la passione del Signore.

Diversamente dai sinottici, il racconto della passione secondo l’evangelista Giovanni non fa memoria di alcuni episodi dagli altri riportati. E così non leggiamo dell’agonia di Gesù nell’orto del Getsemani, del bacio di Giuda, della fuga dei discepoli di fronte alla minaccia, del processo davanti al sinedrio radunato per l’occasione, della flagellazione sofferta nella casa del sommo sacerdote e presso Erode, degli scherni e delle violenze della folla al momento della crocifissione, del grido scritturistico e straziante sulla croce, dell’oscurità che ricopre la terra alla morte del Signore, dell’episodio del buon ladrone e della morte di Giuda. Tuttavia il quarto evangelista fa menzione di altri particolari: i nemici di Gesù che cadono a terra nell’orto degli ulivi, Gesù che dialoga con Anna e con Pilato e che non rimane in silenzio, la discussione nata intorno all’iscrizione posta alla sommità della croce, il tiro dei dadi sulle vesti di Gesù ricordato con la citazione del salmo 21, Maria e il discepolo amato ai piedi della croce e, infine, un soldato che trafigge il costato del Cristo dal quale fuoriesce sangue ed acqua. Tutte queste omissioni ed aggiunte aiutano bene a capire il quadro teologico nel quale va letta la passione secondo Giovanni.

L’immagine di Gesù sofferente che emerge è quella che il quarto evangelista ha elaborato lungo tutto il suo vangelo: è l’immagine di un Gesù che è la rivelazione del Padre e che è, allo stesso tempo, nella sua persona la piena manifestazione dell’amore. Durante tutta la sua esistenza terrena Gesù ha sempre fatto la volontà del Padre. Paradossalmente la sua morte sulla croce si presenta come una vittoria e la sua ultima parola è il punto d’arrivo non soltanto della Sua Passione ma di tutta la sua vita: «Tutto è compiuto». Cosa significa? Che la volontà del Padre di donare la salvezza a tutta l’umanità si è definitivamente realizzata in Lui; inoltre, le sue ultime parole evocano o alludono già alla resurrezione. Il corpo di Gesù viene, infatti, deposto all’interno di un sepolcro nuovo e sappiamo che al terzo giorno coloro che lo andranno a cercare troveranno solo una tomba vuota. Quindi la celebrazione del venerdì santo appartiene di per sé al mistero della vittoria pasquale.

Allo stesso modo, nella giornata del venerdì santo i cristiani non celebrano un Cristo morto: nel culto cristiano non si celebra mai un Cristo morto! Al contrario, si celebra sempre un Cristo risorto. Oggi la chiesa dispone che nella liturgia si faccia memoria del suo passaggio attraverso la morte e i cristiani dovrebbero essere ben consapevoli che la sua morte non fu che un passaggio: il Vivente ha attraversato la morte, ma è risorto ed è e sarà sempre il Vivente! Celebriamo allora questo Cristo che vive nel nostro mondo, nella nostra chiesa e nella nostra vita! Il ricordo della sua santa Passione ci permette di capire almeno un poco di quell’amore immenso che egli ha avuto per tutti gli uomini, a tal punto da soffrire il dolore più acuto che sia mai stato patito per donarci la vita eterna. Questa passione d’amore Gesù l’ha vissuta per «i suoi» come ricorda il Vangelo proclamato la sera del Giovedì Santo, sempre secondo Giovanni. E chi sono «i suoi»? Sono coloro che lo hanno accolto come anche coloro che non hanno voluto accoglierlo – tutti, dunque, fratelli e sorelle nell’umanità.

Se il cristiano desidera ardentemente rendere conforme al cuore di Gesù il proprio cuore si deve allora impegnare a pregare per la salvezza di tutti, implorando dal Padre amore e misericordia per ogni uomo.