a margine del Messaggio del Santo Padre Francesco

per la celebrazione della XLIX Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2016)

A fronte dell’attuale situazione politico-economica globale, definita drammaticamente come “terza guerra mondiale a pezzi”, Papa Francesco richiama il Popolo di Dio ad accogliere effettivamente il dono della Pace che viene dall’alto, rendendolo operante nelle nostre relazioni. Questo pressante invito viene espresso attraverso quello che possiamo definire un “paradosso pragmatico”: per realizzare la pace siamo chiamati a vincere l’indifferenza attraverso la misericordia, la compassione e la solidarietà esigite dall’umanità assunta da Cristo, sul genere umano del quale la Chiesa è sacramento di unità. In che senso l’indifferenza minaccia la pace? E, ancora, come può la misericordia vincere l’indifferenza? Il fatto è che l’indifferenza – ha spiegato il Papa rifacendosi alla Misericoridiae vultus – non è un atteggiamento moralmente neutro, ma umilia il prossimo rendendosi complice di un’esistenza condotta sulla base del calcolo dell’interesse individuale. Così facendo, non solo l’indifferenza ferisce la qualità relazioni che costituiscono la linfa dell’esistenza umana, ma minaccia la pace ponendo le basi per quel risentimento tipico degli “umiliati e offesi”, per dirla con Dostoevskij, che da sempre ha concorso a generare la guerra. Chiuso in se stesso, l’indifferente – concependosi come autosufficiente – è incapace di lode verso Dio, di compassione verso gli altri e di attenzione nei confronti della realtà. Così come Benedetto XVI sottolineava l’esistenza di “un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra” (Discorso di auguri al Corpo diplomatico, 7 gennaio 2013), dal punto di vista istituzionale papa Francesco non può esimersi dal trarre le conseguenze dal punto di vista della grande politica globale: “l’indifferenza nei confronti dell’altro, della sua dignità, dei suoi diritti fondamentali e della sua libertà, unita a una cultura improntata al profitto e all’edonismo, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace”. Come all’indifferenza del fratricida Caino (Dov’è Abele, tuo fratello? Egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?, Gen 4,9-10) l’Altissimo contrappone la sua compassione (Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco, infatti, le sue sofferenze, Es 3,7-8), così all’indifferenza globalizzata – come discepoli del Signore Gesù – siamo chiamati a rispondere con l’attenta compassione e la capacità di prendersi cura dell’ultimo del buon Samaritano (Lc 10,29-37). Solo la Grazia può convertire il nostro sguardo dal proprio miope interesse alle necessità dei fratelli; solo in questo modo che si attua la paradossale vittoria dell’indifferenza! Come possiamo rispondere, in quanto membri dell’Ordine dei Predicatori, all’invito del Pontefice? Impegnandoci per promuovere una cultura della misericordia, volta a vincere l’indifferenza e a togliere gli ostacoli affinché la compassione viscerale, donata dalla Grazia, possa animare la nostra azione e quella dei fratelli. Questa può essere un’autentica declinazione di quella misericordia veritatis che gli ultimi Capitoli generali ci hanno ricordato e, allo stesso tempo, un modo per tenere insieme “predicazione e sensibilità per giustizia, pace, salvaguardia del creato”. Il Messaggio di papa Francesco ci incontra proprio là dove sorgono le nostre radici più profonde: il carisma di Domenico, che iniziò a predicare afferrato dalla compassione per gli Albigesi umiliati dall’eresia che professavano, e la compassione viscerale di Gesù che – a fronte della folla, dispersa come pecore che non hanno pastore – si mise a predicare (cfr. Mc 6,34).

fra Marco Salvioli

Promotore provinciale di Giustizia, pace, salvaguardia del creato