Di fronte alla pandemia di Coronavirus e alla conseguente quarantena, qual è stata la nostra reazione come gruppo di giovani domenicani? E singolarmente, come abbiamo vissuto questo inaspettato cambiamento di vita? Queste le principali domande su cui ci siamo proposti di riflettere.    

Ci siamo ritrovati a vivere questa quarantena con uno sguardo nuovo. Abbiamo percepito, cioè, di trovarci in un mondo mai sperimentato prima. L’alterazione così drastica e repentina della quotidianità e delle nostre abitudini sicuramente ha generato in noi profonda crisi. Il venir meno della socialità e della “fisicità”, costitutive della dimensione comunitaria della Chiesa, ci ha fatto avvertire quasi un senso di abbandono e smarrimento. Questa immediata ed estrema “privatizzazione” della Fede ha avuto il suo culmine nell’impossibilità di ricevere i sacramenti.

Tuttavia, la “notte oscura” della quarantena ha significato anche una rinascita e una riscoperta. Dopo la titubanza e lo smarrimento iniziali, abbiamo preso coscienza di un uso migliore della tecnologia come mezzo di ascolto reciproco, di vicinanza e di annuncio della Parola di Dio, nonostante la distanza. Ed è proprio da questo incontenibile desiderio di relazione che sono sorte soluzioni originali perché continuassimo a sentirci uniti: gli incontri del lunedì sera tenuti su Skype, il Caffè domenicano, il Rosario via streaming, e il quotidiano video-commento al Vangelo di fr. Alberto su WhatsApp.

L’appuntamento del lunedì sera, trasferitosi su Skype, ci ha regalato preziosi spunti di riflessione sul senso della Quaresima e della Comunione dei Santi, avvincenti lezioni di carattere storico-apologetico e persino un incontro in cui parlare di fenomeni soprannaturali e paranormali, con un ospite d’eccezione: fr. François Dermine.

Riusciamo poi a continuare il nostro cammino pastorale guidato dai nostri inossidabili frati grazie al Caffè domenicano, spazio in cui ci confrontiamo quasi ogni giorno sulle tematiche della vita. Inoltre, tra le varie attività che ci mantengono uniti, abbiamo riscoperto la bellezza antica del recitare insieme il Santo Rosario, grazie alla tradizione della famiglia domenicana.

E così noi, impediti nella carne, partecipiamo e crediamo con lo spirito e con la mente. Adeguarsi alla versione virtuale delle riunioni, però, non è immediato. Certo, l’essenza dei rapporti e il senso del ritrovo rimangono invariati, eppure la dimensione virtuale è incompleta e insufficiente: ciò che ci salva è una Presenza che si incarna qui e ora, senza mediazioni. Non siamo fatti per vivere a distanza, ma la Fede oltrepassa questi ostacoli nella calda speranza del ritrovarsi presto tutti insieme.

Diamo voce ad alcuni di noi:

«Che Quaresima anomala, questa! Vissuta interamente dentro le mura domestiche, privati della frequentazione di molti dei nostri affetti, delle nostre sicurezze, del vedere avverati molti nostri progetti sul futuro, della libertà di movimento, del rapporto con la natura. Ma soprattutto, noi cristiani siamo privati dell’incontro più importante, quello con Gesù Eucaristia a cui ci accostiamo nella Santa Messa, troppo spesso dato per scontato e ricevuto con superficialità. La carne è debole, lo sappiamo molto bene, e in un confinamento così lungo non c’è niente di più facile che soccombere alla pigrizia spirituale o alla disperazione di fronte a una situazione così alienante. Nel cercare di dare una parvenza di confortante normalità alle nostre settimane e non smettere di nutrire il nostro spirito, il contatto con la gioventù domenicana è stato per me vitale.»

(Cécile)

«Una volta ancora ci troviamo smarriti in una gran procella: abitudini, usi, affetti, sconvolti dai fatti e dagli accadimenti, chiusi, isolati, divisi, navighiamo a vista tra i flutti della pandemia. Tutti ormai conosciamo quello stato d’animo di ansia mista ad apprensione che ha inondato i nostri giorni. Eppure, anche nel momento più fosco, non abbiamo smesso di cercarci, di passarci ancora quella Voce che salva, la tecnica per una volta non al servizio della corruzione, ma della Verità. È questa Verità che ci ha tenuto uniti, questa comune sete che ci spinge a sentire la buona novella. Quante cose ho dato per scontate, quante Sante Messe ho saltato dicendomi: «Andrò alla prossima!», quante buone azioni, quante preghiere posticipate alle calende greche… Ed eccomi ora nel Paese più cattolico del mondo a sentire una Messa su YouTube! Una volta ancora ci ritroviamo in “catacombe digitali” a contarci, a passarci da fratelli la Parola che salva. Io sono fango, lo so, ma la Parola del Signore mi rende un mattone, un affarino sempre misero e di dura cervice ma capace insieme ad altri di costruire. E sono milioni i mattoni che levano le lodi al Signore, mattoni diversi da me con altre lingue o forse mattoni nel mio stesso pianerottolo, ma tutti parte di un solo edificio, un modesto Ovile. E ora che in quell’Ovile non posso andarci, mi manca. Mi manca molto.»

(Giamba)

«Nella nostra anima ferita e ardentemente desiderosa di Amore, sono presenti momenti di fragilità. Sapere che c’è una comunità di frati che ci stringe in un abbraccio orante, consolandoci dalla paura della pandemia e dalle altre difficoltà quotidiane che si possono sommare, aiuta a non sentirsi soli e abbandonati. Tramite il commento al Vangelo quotidiano di fra Alberto sto riscoprendo quanto il Signore sia il pilastro della mia esistenza. Non ho più paura di ammettere la mia piccolezza perché, amando Dio negli occhi del prossimo, mi rendo conto di quanto il Suo Amore, con attesa paziente e infinita, prenda per mano la mia fragilità. Sentendomi parte di questa famiglia domenicana, mi sento accolta e non sola ad affrontare il mio quotidiano. Cercando il Signore, tra una lezione universitaria online e l’altra, ho scoperto l’esistenza del deserto di Atacama, una delle zone più inospitali del pianeta dove tuttavia ogni cinque anni circa sbocciano semi. Ciò mi ha fatto riflettere sul “deserto” che stiamo vivendo: non un terreno di desolazione ma uno in cui ci vengono donati appigli di commozione e consolazione. Cerchiamo quindi di vivere nella speranza che ci sarà un’unica eterna Primavera di rinascita e resurrezione, che possiamo apprendere dalla paziente attesa di Maria che sempre ci dona il suo aiuto, che Dio sia realmente presente nella nostra esistenza.

“Perché? Dov’è Dio? Dove è sempre stato, Cristo, in Croce accanto ai due ladroni, a loro volta legati alle loro. Quale dei due siamo? Niente e nessuno ci farà scendere dalla nostra, come voleva il primo, ma, se lo chiediamo, come il secondo, Qualcuno ci farà salire. Ecco perché andrà tutto bene.»

(Chiara)

«In questo tempo, ho potuto constatare una vera e propria “fantasia creativa” dello Spirito Santo, che non smette mai di soffiare su di noi. Ed ecco che i media dedicano maggiore attenzione alle iniziative e alle parole del Papa, che si è prodigato affinché noi fedeli non perdessimo la Speranza; le varie comunità cristiane dimostrano una più lucida coscienza di essere un’unica famiglia di figli di Dio; diversi momenti di preghiera concertati in tutto il mondo vedono un’unanime partecipazione; si sperimentano per la prima volta nuove forme di predicazione virtuale. L’impossibilità di ricevere Gesù Cristo sacramentalmente ci ha spinto, nel momento in cui lo preghiamo di venire spiritualmente nel nostro cuore, a contemplare più intensamente il mistero di tale dono e a desiderarlo più ardentemente. Quarantena ha significato per molti giorni anche Quaresima: la conseguente “Quarantesima” si è rivelata dunque un’occasione unica di “spoliazione penitenziale”, in cui abbiamo potuto concentrarci sulla profondità della nostra esistenza e indagare ignote sfere dell’anima. Penso che la Quarantena consenta a noi fedeli di vivere con maggiore chiarezza la dimensione dell’attesa di evangelica memoria. Un’attesa che ci fa soffrire per ciò che ci impone, ma che ci sprona a non rimanere disperatamente inermi; ci fa crescere nella Speranza, la virtù che, pur mirando lontano, ci spinge ad agire già nel presente con una coscienza più illuminata; ci fa assaporare maggiormente la dolcezza di un Dio che ci guarda e ci accompagna sempre, con amore infinito e nonostante l’oscurità che stiamo vivendo. Un’attesa che ci fa pregustare con gioia rinnovata la pienezza della vita eterna.»

(Marco)

«In questi mesi di quarantena sono fiorite tante iniziative nella Chiesa e, nello specifico, nella pastorale domenicana, per permettere alle persone di rimanere in contatto con la propria comunità anche in tempo di pandemia. “Come sempre” ogni lunedì sera ci ritroviamo tutti insieme all’incontro domenicano, per condividere il cammino cristiano con l’aiuto dei frati che ci guidano alla quotidiana Verità che salva. Questa scelta non è tanto dettata dall’abitudine quanto dal bisogno, presente anche ora, di leggere la vita – e in generale tutto ciò che riguarda l’uomo – nel contesto di una compagnia cristiana fatta di amici.»

(Maria Chiara)

«Credo che il modo in cui si possa definire questo periodo sia quello di «Dolce Grata». I nostri incontri, infatti, si stanno svolgendo in un parlatorio virtuale attraverso lo schermo che ci fa da grata: si ha quasi l’impressione che il Signore ci abbia “monacato” per un po’ di tempo. Forse avevamo bisogno di questo per farci partecipare e realizzare, nella nostra piccola realtà di giovani e di domenicani, una speciale Comunione dei Santi. Questo periodo di “monastero” ha messo in moto il motore della Grazia in una maniera straordinaria, facendoci scoprire, all’interno del nostro gruppo, non solo fratelli e sorelle ma addirittura padri e madri gli uni degli altri nello Spirito. Spero che da questo periodo le nostre anime possano ritornare più vive che mai, irrorate dal Preziosissimo Sangue e condotte per mano dal Dolce Spagnolo e dall’Amorosa Senese.»

(Gianmarco)

«Se dovessi definire questo periodo con un solo termine, userei la parola corsa. Una corsa ai ripari, improvvisa e trafelata per scampare al peggio: al contagio, rapido ed invisibile, all’imprudenza di compiere gesti quotidiani così innocui diventati improvvisamente deleteri, alla sottovalutazione di un’emergenza sempre più stringente. Eppure, andando avanti, il pericolo più insidioso era quello di terminare questa corsa in me stessa, chiudendo il cuore a doppia mandata. Ecco allora che, ancor prima di rendermene pienamente conto, quel cuore, a mia detta stanco per accogliere ed affaticato per cercare, inizia a mettersi in ascolto di altri cuori, forse disorientati e impauriti, proprio come il mio. Così credo che, attraverso il silenzioso ascolto reciproco delle fragilità, dei turbamenti, delle necessità, dei tanti silenzi così straordinariamente eloquenti che ci hanno particolarmente segnato in questo tempo, forse ognuno di noi stesse cercando la stessa melodia: quell’insieme di note fisicamente impercettibili che compongono il suono più dolce, quello dell’Unica Speranza.»

(Maria Wally)

Ammantati d’una Speranza «che mai delude», prolunghiamo in questo mese di maggio il nostro affidamento a Maria Santissima, affinché con la sua intercessione possiamo soddisfare la nostra intima necessità di rivedere presto il volto dei nostri fratelli e sorelle. Così, ancora una volta, potremo contemplare nei loro volti quello di Nostro Signore, la Vera Bellezza che ci tiene connessi.

Gioventù domenicana Bologna.

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