Ogni anno, nei primi giorni di gennaio, le celebrazioni del Natale finiscono e ci ritroviamo in quel periodo che nel linguaggio della chiesa si chiama tempo ordinario. I preti ritornano a vestirsi di verde, sentiamo di Domenica in Domenica susseguirsi ordinatamente la lettura del vangelo, la scelta dei canti si orienta su toni più dimessi. Se guardassimo in un breviario o in un messale in latino precedente la riforma liturgica seguita al concilio Vaticano II non troveremmo l’espressione tempo ordinario ma piuttosto quella di tempus per annum, cioè il tempo durante l’anno.
Perché lo chiamiamo ordinario? A parte quei periodi che hanno il loro particolare carattere distintivo, restano nel ciclo annuale trentatré o trentaquattro settimane che non celebrano un particolare elemento del mistero di Cristo. Piuttosto, specialmente alla Domenica, queste settimane sono dedicate al mistero di Cristo nella sua interezza. Questo periodo è il tempo ordinario.
Nel linguaggio quotidiano ordinario significa normale, abituale, non straordinario. La Chiesa ci dice che l’ordinarietà del tempo ordinario è la celebrazione del mistero di Cristo nella sua interezza. In altre parole, la vita normale della Chiesa è l’interezza del mistero di Cristo, che Cristo stesso riversa nelle nostre vite tramite la liturgia. In Quaresima consideriamo le tentazioni di Gesù, le sofferenze e la passione che ha sopportato. A Pasqua contempliamo la vita gloriosa della Resurrezione e il mondo che verrà. Nell’Avvento prepariamo la gloriosa e tremenda seconda venuta celebrando la prima. A Natale festeggiamo il mistero dell’incarnazione del Figlio eterno del Padre. Il tempo ordinario non ha queste forti caratterizzazioni, ma allarga la nostra visuale all’intero Cristo, presente in ognuno di questi misteri e che opera oggi nelle nostre vite.
Che cosa facciamo nel tempo ordinario? Con la celebrazione integrale dei misteri di Cristo riconosciamo che lui non limita il dono della sua grazia, concentrandolo solo nei tempi che noi chiamiamo forti. Il tempo ordinario non è un periodo privo di significato tra Avvento/Natale e Quaresima/Pasqua, riempito di celebrazioni che non si potrebbero mettere altrove e che non hanno legame le une con le altre. È invece il tempo che ci insegna a vivere la grazia nella normalità della vita, perché l’intero mistero di Cristo prende possesso di noi in ogni aspetto dell’esistenza.
La santità non è ridotta a un’ordinarietà senza interesse. Piuttosto è l’ordinarietà a essere assunta nel mistero della grazia e della santità.
fra Elijah Dubek