Decenni fa, padre Lippini scriveva un’opera fondamentale per la riscoperta delle origini domenicane in Italia. Si intitolava: “San Domenico visto dai suoi contemporanei”, una sorta di equivalente nostro delle celebri “Fonti francescane”.
Lì erano le fonti storiche, i testimoni del processo di canonizzazione, i primi domenicani, gli osservatori del tempo a parlare. Qui invece cercheremo di far vedere cosa san Domenico, dal luogo della sua gloria, pensi e faccia a riguardo dei nostri contemporanei. Pensate che abbia smesso di predicare? Ma non l’ha mai fatto tanto come ora, né mai con tanta efficacia. Ce l’aveva detto esplicitamente: “Vi sarò più utile dal cielo”, a noi e ai nostri contemporanei, che cerchiamo, a volte invano, di attrarre a Gesù. I santi invece difficilmente fanno cilecca: la loro predicazione è silenziosa, ma estremamente efficace.
“O lumen Ecclesiae”. O luminare splendente della Chiesa! Mai come ora sei luce che illumini. E di cosa abbiamo bisogno noi uomini più che di essere illuminati? Le parole stesse sono inutili se non apportano luce all’anima. Questa luce è la luce di Dio, che seduce il cuore e scioglie le sue rigidezze, per aprirlo alla verità originaria: Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato.
“Doctor veritatis”. Maestro di verità. Il tuo insegnamento non è finito. La tua cattedra è ora più ufficiale di quanto fosse durante le tue prime fatiche, in mezzo al fango di Tolosa o avanti e indietro per le Marche italiane. Ora insegni a tutti gli uomini, per quanto il tuo grado di santità ti permette, quella verità che non si studia sui libri ed è impossibile imparare od apprendere. Tu insegni a lasciarsi ammaestrare dall’originario, a deporre le false certezze per lasciar brillare quella verità che non ha bisogno di dimostrazioni: Dio è amore.
“Rosa patientiae”. Rosa di pazienza. Che cosa ne pensi di quest’epoca così frenetica, così amante del nuovo ma non dell’eterno? Tu fiorisci come esempio di fortezza e di costanza, perché sei pieno di speranza e di fede. Tu fiorisci non solo in cielo, ma in mezzo alla nostra terra, fra le pieghe del nostro quotidiano con la tua delicata bellezza, per invitarci a puntare in alto, a cercare non il piacere che va ricaricato, ma la felicità che meraviglia eternamente. Tu dici alla gente: Non preoccupatevi di questo e di quello; te lo dico: non aver paura.
“Ebur castitatis”. Avorio di castità. Non umiliarci, padre Domenico, se non siamo come te. Noi non siamo affatto casti… Ma il candore del tuo avorio non è un’assenza fredda di colore, è una calda sfumatura di pudica luminescenza. Avvolgici nel rifugio del tuo statuario biancore, attira il nostro sguardo sulle venature leggere di latte che compongono il pacato sguardo del Vecchio dei giorni, che ci ama. Dicci le parole che toccano il nostro cuore: Non vi dico che pregherò il Padre per voi, perché il Padre stesso vi ama.
“Predicator gratiae, nos junge beatis”. O predicatore della grazia, congiungici ai beati. Solo così saremo veramente felici. Solo così saremo veri predicatori. Già in questa vita, donaci l’efficacia che solo il gioioso servizio della verità, vissuto in pienezza, come voi, può vantare. Donaci la vita di Dio, la vita che Dio ha pensato per ciascuno di noi, creandolo e dandogli una pietruzza bianca, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve.
fra Stefano Prina