La Gioventù Domenicana della Spezia ha scelto la soleggiata mattina del 29 dicembre 2016 per svolgere un breve ritiro spirituale del tempo di Natale. Il luogo scelto, il Santuario di Nostra Signora del Mirteto, posto sopra ad un panoramico colle accanto al borgo medioevale di Ortonovo (La Spezia), non è stato casuale, infatti, si tratta di uno dei santuari più noti nella nostra provincia ed è un luogo strettamente legato all’Ordine dei Predicatori. 

Nella breve visita, effettuata subito dopo l’arrivo e la recita delle lodi, il nostro fra Massimo Mancini, ci ha magistralmente raccontato come il Santuario sia sorto intorno ad un semplice affresco raffigurante una deposizione, contenuto in uno dei molti Oratori dei Disciplinati, confraternite di laici che verso il XV secolo si diffusero nella nostra regione. Secondo la tradizione locale 29 luglio 1537 l’immagine di Maria iniziò a lacrimare sangue di fronte ad un gruppo di donne in preghiera, da allora si diffuse il culto e vennero attribuite all’immagine numerose grazie. Da ciò venne edificato un Santuario più grande, in grado di contenere i numerosi pellegrini, che, con qualche rimaneggiamento successivo è quello che ancor oggi è visitabile. Per il gran numero di pellegrini la confraternita non era più in grado di reggere il Santuario, per cui, nel 1584, grazie al Vescovo di Luni-Sarzana Angelo Peruzzi, il Santuario venne affidato ai Domenicani, che vi edificarono un convento e vi rimasero fino al 1800, quando, per le aimè note leggi napoleoniche, furono espulsi. 

Dopo quasi un secolo di incurie, nel 1888 un altro Vescovo di Luni-Sarzana, Giacinto Rossi, domenicano, volle che il Santuario ed il convento tornassero all’Ordine che vi pose il proprio noviziato provinciale. Quivi studiò anche il Venerabile Pio Giocondo Lorgna, che ancora vi è venerato con un immagine e che, si tramanda, sia l’artefice del grande tavolo di legno ancora presente (ed utilizzato anche da noi per il pranzo!) nel refettorio. Successivamente l’Ordine dei Predicatori lasciò il Santuario, che venne retto per un breve periodo dai Padri Passionisti, la cui traccia si può trovare in un dipinto raffigurante San Paolo della Croce, poi dagli Orionini, ancora visibile sul sagrato una statua dedicata a San Luigi Orione, infine, dal 2003 ai religiosi della Fraternità Missionaria di Maria, una comunità religiosa nata in Guatemala.

Ci siamo soffermati sulla forma atipica del Convento che non è costituito da uno o più chiostri, secondo il canone architettonico domenicano; esso, per ragioni topografiche, si sviluppa come un ferro di cavallo intorno alla chiesa con i piani inferiori dedicati al capitolo, alla biblioteca ed al refettorio ed i superiori costituiti dalle singole celle. 

Di particolare interesse, all’interno del “sincretismo” di riferimenti iconografici appartenenti ai differenti ordini religiosi cui la Storia ha affidato il Santuario, i numerosi dipinti e bassorilievi raffiguranti Santi Domenicani, tra cui San Vincenzo Ferrer, San Raimondo di Peñafort, San Domenico in Soriano ed un bell’altare dedicato alla Madonna del Rosario con raffigurati tutti e 15 i Misteri.

Dopo il lauto pranzo consumato insieme ai religiosi della Fraternità di Maria, ci siamo dedicati alla preghiera con un Rito Penitenziale, preparato per il Giubileo dell’Ordine, in cui, anche con un breve momento di raccoglimento in silenzio nell’incontaminata bellezza di quel luogo, abbiamo meditato sul testo del Vangelo di Matteo in cui viene presentato il Giudizio Finale. In particolare padre Massimo ci ha invitato a riflettere sulle parole “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere” interpretandole non solo in un senso materiale e fisico, ma spirituale, come missione centrale dell’Ordine e di noi della Gioventù Domenicana, ovvero di portare a tutti gli uomini la Verità, la Verità del Vangelo che è l’unica acqua che disseta: come sta scritto “chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete”. Successivamente, in breve momento di confronto, abbiamo osservato da un lato quanto il mondo anche adesso abbia così sete della Verità e così bisogno di una parola che mostri la Vera Via, parola che non necessariamente va intesa nel senso stretto, di predica o di discorso, ma che si deve concepire come vero e proprio esempio di vita vissuta, senza mai però essere presi da superbia e ricordandosi sempre che per portare la Verità bisogna continuamente attingere da Essa, “Contemplari et contemplata aliis tradere”. 

Con questa consapevolezza, durante il canto del Vespro, all’interno dell’antico coro ligneo seicentesco, ciascuno di noi ha recitato una breve formula di adesione ed impegno alla Gioventù Domenicana, con finale abbraccio fraterno. 

Dopo la celebrazione delle Santa Messa, in cui abbiamo riflettuto sul martirio di San Tommaso Becket e sul più che mai attuale e necessario compito della Testimonianza sincera a cui tutti siamo chiamati, siamo rientrati alle nostre case. 

Enrico Canese