Un predicatore tra gli avvocati

Ero già Domenicano, quando ancora non sapevo di esserlo.
A gennaio 2013 andai a Bologna per cinque giorni di esercizi ignaziani: avevo qualche progetto in mente per servire il Signore, ma avevo soprattutto l’animo disposto, come mai prima d’allora, a seguire qualunque strada che mi fosse stata indicata dallo Spirito.
Quasi tutti i brani scelti dal predicatore degli esercizi mi spingevano a radunare in preghiera i miei colleghi avvocati. In particolare mi colpì una brano del capitolo 61 di Isaia: “Essi si chiameranno Querce di Giustizia”.
Tornato a casa cominciai a scrivere a tutti gli avvocati dell’Ordine di Torino, invitandoli ad un incontro di preghiera tra avvocati cattolici. Impiegai quasi due anni per scrivere ai circa cinquemila avvocati subalpini: scrivevo nominativamente ad uno ad uno, soprattutto rubando il tempo al riposo notturno. Ricevetti poche risposte denigratorie e circa centocinquanta risposte positive. Le prime volte che ci incontravamo eravamo tre, me compreso. Via via il numero crebbe, sempre generosamente ospitati dal mio parroco don Corrado Fassio: qualcuno venne una sola volta, altri poche volte ed altri quasi sempre e ancora oggi partecipano a questi incontri di preghiera, di riflessione sul modo di esercitare la professione secondo il Vangelo e di comunione fraterna in lieti conviti. Oggi il gruppo di fedeli amici conta circa trenta avvocati, alcuni di loro sono di Bra, di Asti e di Cuneo, dove andai a radunarli a partire dal gennaio 2015: lo scorso anno svelai loro il nostro nome: “Querce di Giustizia”. Non siamo costituiti in associazione, non abbiamo né tessere, né medaglie, né distintivi, ma ci stringe forte lo Spirito Santo.
Per me e per loro ho scritto anche tre libretti: “Essi si chiameranno Querce di Giustizia. La Evangelii gaudium per gli avvocati”; “Amate i vostri nemici. La Misericordiae vultus in tribunale”; “Il giusto che ha violato la legge. L’esempio di san Giuseppe”.
La gioia e l’emozione più forte mi nascono quando considero come ora questa comunità viva di vita propria, senza che sia io a doverli chiamare per incontrarsi: reso il mio servizio, mi sono messo un po’ in disparte. Mi sento pastore che ha radunato anime disperse, anime che altrove non trovavano con chi parlare del Regno di Dio che cercano di far fiorire in quel deserto di odio, di violenza e di indifferenza che è il Tribunale.
Ogni tanto qualcuno mi chiama “fondatore” e così, senza sospettarlo, mi conficca un pugnale nell’anima. Io ho solo inviato delle lettere elettroniche, ho predicato nel modo più elementare che ci sia, invitando a pregare insieme e a parlare tra di noi del Vangelo. Gli avvocati Querce di Giustizia esistono per grazia del Signore e non per merito mio.
Intanto, nel 2015 iniziai a cercare il mio posto nella Chiesa, per non essere come uno di quei tralci che sono separati dalla vigna e, quindi, seccano e vengono gettati nel fuoco. Cercai molto, finché lessi il libro di D’Amato “Laici Domenicani: perché portiate frutto”. Ecco, scoprii d’essere Laico Domenicano. Scrissi alla più vicina Fraternita e, dopo qualche mese di frequentazione, a giugno 2016 fui accolto come novizio  nella Fraternita Santa Maria delle Rose di Torino.

Forse non è facile mettersi a parlare di Dio al primo che fermi per strada e forse non è neanche opportuno farlo. Ma è facile parlare di Dio a persone che svolgono la tua stessa professione e che con essa cercano di testimoniare il Vangelo: loro desiderano ascoltare più di quanto tu, che sei un predicatore, desideri parlare di Dio.
A chi ha come padre san Domenico non può essere indifferente che molte persone vaghino in cerca di interlocutori con i quali possano parlare di Dio da pari a pari su questioni che tormentano il loro animo.
Durante gli esercizi spirituali per le fraternite laiche di San Domenico, organizzate dal Consiglio Provinciale delle FLD, nel marzo 2016 a Verona, P. Tommaso Reali fece una riflessione su un fatto che io avevo già sperimentato predicando tra i miei colleghi avvocati: con la predicazione un laico può arrivare dove un frate non potrebbe mai neppure avvicinarsi. Ci sono cuori lontani che parlano di Dio soltanto con chi ha qualcosa in comune con loro, perché il discorso è più facile.
Tu vai a cercarli!
Vai a cercarli oggi stesso: ricordati dei gemiti del nostro santo padre Domenico per i peccatori.
Chiedi ai frati di preparare le riflessioni anche su temi che tu stesso proponi, a seconda dei bisogni delle persone a cui stai predicando.
Vai a cercarli tra la gente che non conosci, tra i lontani, se ti è più facile; ma vai a cercarli, perché se non lo fai tu, nessun altro lo farà. Il grano ammuffisce, se rimane stipato nei granai: ricordalo alla tua fraternita.
Talvolta non bastano gli esercizi spirituali e le lezioni frontali dei frati per dare ai laici la preparazione necessaria a portare luce nelle discussioni che animano i cuori dei dubbiosi e degli scettici. Infatti, spesso i temi delle conversazioni tra i laici sono lontani da quelli delle riflessioni dei frati, i quali, a loro volta, hanno bisogno di conoscere i temi da approfondire, per non rendere astratta ed arida la loro predicazione. Abbiamo bisogni gli uni degli altri, come ricorda fra Bruno Cadoré, Maestro Generale dell’Ordine, nella Lettera “I laici Domenicani e la Predicazione”, del 22 dicembre 2013 quando afferma che “…una riflessione comune degli altri membri della famiglia domenicana insieme ai laici sia particolarmente necessaria al giorno d’oggi”.
Un giorno un frate mi dirà: “Dai, Guido: invitami ad uno dei vostri incontri tra avvocati! Voglio venire a sentire le cose di cui parlate”.
Quel tempo, forse sottratto allo studio ma dedicato ad ascoltare, darà molto frutto.
Non viviamo in una situazione tanto diversa da quella che spinse San Domenico ad andare tra la gente a predicare, laddove non era invitato e, spesso, inizialmente non era neppure bene accolto.

Guido Celoni, Laico Domenicano di Torino