A vedere le immagini non si direbbe proprio che questa metropoli proiettata nel terzo millennio di millenni ne ha già visti passare cinque. Cinquemila anni di storia e molti volti cambiati, ma l’antica Smirne si guadagnò nel mondo greco-romano l’attributo di “fedele” e la sua chiesa, nel primo secolo, è destinataria senza rimproveri di una delle sette lettere che aprono il libro dell’Apocalisse, ed è l’unica ancora a vivere, unita a Roma e stretta intorno al suo arcivescovo, il nostro confratello domenicano monsignor Piretto.
Terremoti, distruzioni, incendi… è nei libri di storia il devastante incendio, durato diversi giorni e divampato proprio nel quartiere dove sorgeva e ancora sorge la bella chiesa domenicana del Rosario, che costrinse negli anni venti del secolo appena trascorso la numerosa comunità greca a lasciare definitivamente ai Turchi questa bella città del levante.
Ma non tutti i Levantini partirono con i Greci e molti di loro, di origine italiana, francese, spagnola, accomunati dalla comune fede cattolica continuarono a dare vita alla parrocchia del Santo Rosario, nello storico quartiere di Alsançak. Con loro una piccola comunità di Domenicani italiani, sempre gli stessi, per decenni (la difficoltà di imparare il turco non consente di inviare là qualunque frate: bisogna essere disposti all’investimento di tutta una vita). È successo che, curiosamente nel giro di pochissimi anni, questa comunità “storica” cessasse di esistere: ultimo a morire, inaspettatamente lo scorso gennaio, e certo non ancora vecchio, fra Stefano Negro, per trent’anni parroco.
Adesso la comunità del Rosario ha un nuovo parroco, giovane e pieno di energie, che da tempo coltivava nel cuore il desiderio di servire la piccola comunità dei cattolici levantini. Il 1° ottobre, festa patronale del Rosario, fra Igor Barbini farà il suo ingresso come nuovo parroco, presentato ai fedeli dal loro pastore, mons. Piretto, nel corso della eucaristia da lui presieduta alle ore 17,30.
Fra Igor lascia la comunità di Bergamo, di cui era priore, e la sua famiglia di antichi maestri vetrai di Murano per spostarsi più a levante nello stesso mare, a servire la fede e la vita cristiana di chi da generazione ha scelto quel levante come patria e, “fedele”, continua ad amarla.