Maria Elisabetta Molé, laica domenicana, ci aiuta ad avvicinarci alla Pasqua con una meditazione sul quinto mistero della Luce.
“Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”. (Mt 17,1-2)
Ma perché Gesù volle manifestarsi così ai discepoli, pur conoscendone gli umani limiti?
Voleva forse stupirli? Certamente no.
Voleva rassicurarli in vista della sua Passione?
Sicuramente questa è una risposta valida, ma quale forza o consolazione essi seppero poi cogliere nel momento in cui videro Gesù sconfitto? Apparentemente nessuna.
Infatti la trasfigurazione avrebbe dovuto essere ricordata, riassaporata nel tempo per mostrare loro tutto il suo vero significato.
Gesù manifestò ai discepoli la sua divinità per dare loro il punto d’arrivo del cammino cristiano. Gesù è il nostro modello, noi dobbiamo imitarlo se ci diciamo cristiani, se diciamo di volerlo seguire; e nel quarto mistero della luce egli ci mostra il traguardo.
“Traguardo” significa andare oltre con lo sguardo, non restare solo in superficie. Egli permette allo sguardo dei discepoli di andare oltre il suo aspetto umano. Essi giungono trans/oltre, al di là dell’aspetto umano, trans/ oltre, al di là della figura. Trasfigurazione: Dio si fece uomo perché l’uomo potesse diventare Dio ci dicono tanti padri della Chiesa (Ireneo, Attanasio, Agostino…).
La trasfigurazione è la manifestazione divina in cui la luce svolge un ruolo fondamentale: è la luce emanata dal volto, dal corpo e dalle vesti di Gesù che concretamente colpisce i discepoli e che essi tenteranno di descrivere servendosi di parole umane, di similitudini: come il sole, nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche, cambiò d’aspetto.
Fra tutte quelle che i misteri luminosi ci propongono, questa immagine è quella in cui la luce è realmente protagonista.
Ma noi possiamo trasfigurarci?
Su questo mistero della Luce ha scritto parole profonde Matta el Meskin, Matteo il Povero, grande asceta di fede cristiano-ortodossa.
“E’ possibile ed è giusto parlare di questa visione, della Trasfigurazione? Il senso base di “trasfigurazione” è esattamente “cambiamento di forma”. Se è dunque questo il significato di Trasfigurazione, allora ci è richiesta. E’ uno dei requisiti di cui parla l’Apostolo Paolo: “Trasformatevi” (Rm 12,2)”. Dobbiamo trasfigurarci.
Paolo si esprime esattamente così: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”.
Tutto ciò significa che dobbiamo cambiare, rinnovarci, diventare nuovi, e non è forse questo l’effetto della conversione?
Scrive ancora Matta: “La trasformazione si realizza in modo estremamente particolare, preciso e misterioso. L’energia che deriva dall’accettazione della direzione, del consiglio e del comando dello Spirito Santo supera l’azione del nostro ego, non appartiene all’ego. La trasformazione si realizza quando impariamo ad abbandonarci a Dio.
L’uomo ha per destino la divinità secondo l’iniziativa di Dio. ‘Dio si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse dio’: è la frase che secoli di teologia hanno trasmesso ad un’umanità sempre più ignara del significato di tale affermazione. Eppure questa frase non contiene l’opinione di qualche pensatore sporadico, ma porta l’essenziale del messaggio cristiano che lega insieme il mistero dell’incarnazione – Dio si è fatto uomo – con il mistero della redenzione che porta in sé la nostra divinizzazione.