“Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte le tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto”.
(Evangelii Gaudium, 6)
Siamo infinitamente amati: è difficile crederlo quando la sofferenza ti attanaglia, le vicende della vita ti sembrano un’ingiustizia, il mondo ostile. Basti pensare a tutti i terremotati che negli ultimi mesi hanno perduto la loro casa e che vivono nelle tendopoli nonostante le condizioni climatiche disastrose di questo freddissimo inverno. Alle tante donne che vivono la violenza fino all’omicidio in ambito familiare, dove ti aspetteresti di trovare amore e comprensione; alle migliaia di migranti che sono costretti a lasciare il loro paese perché la violenza degli uomini e la guerra hanno spazzato via la loro vita. E ai bambini che muoiono di fame in Africa e in India….
È esperienza di ciascuno di noi il dubbio che questo amore esista e sia per tutti noi. Spesso ci sentiamo come i discepoli sulla barca in una notte di tempesta. Il Signore è con noi ma dorme, come indifferente al pericolo che corriamo. E come i discepoli gli diciamo “Maestro, siamo perduti!” (Lc 8,24). Un grido che risuona nel cuore e che sale a Lui insieme alla fatica di vederLo e riconoscerLo nel deserto che ci capita di attraversare e dove i nostri bisogni materiali, le nostre aspettative hanno il sopravvento sulla fede e sulla pazienza della ricerca.
L’amore passa a volte per vie inaspettate e ci fa dire che Dio è con noi, ci ama e non ci abbandona. Basta un sorriso, un incontro per farci sentire accolti e amati.
Il mio cammino, come credo quello di ciascuno di noi, è passato attraverso un incontro che mi ha permesso il passaggio dalla quaresima, tempo di prova, di penitenza, alla Pasqua, al passaggio appunto. Un incontro, non cercato, ma donato in un tempo di fatica in cui credevo perduta la fede. Ho incontrato p. Ennio moltissimi anni fa, giovane laureata alle prese con le prime esperienze di insegnamento e silenziosamente ribelle ad un modo passivo di essere cristiana. La sua predicazione scosse non poco le mie deboli fondamenta e mi permise di conoscere teologia del Concilio Vaticano II, il ruolo dei laici nella Chiesa, la loro responsabilità nell’annuncio del Vangelo, lo studio e la passione per la Parola di Dio. Dovevano passare però ancora degli anni prima della mia decisione di chiedere la misericordia di Dio e dei fratelli e fare parte del Laicato Domenicano, fare parte di una fraternità che aveva il sogno di una esperienza nuova di predicazione, frati e laici domenicani insieme. Anni di studio e di lavoro, di fatiche e di confronto, di condivisione e testimonianza. Anni in cui ho gioito e sofferto, ho riso e ho pianto, ho amato e mi sono sentita amata, ho conosciuto tante persone e ho condiviso la ricerca di me stessa e di Dio. Ringrazio il Signore perché si è fatto presente nella mia storia attraverso tutte le persone che ha messo sulla mia strada e che mi hanno arricchito con la loro ricchezza e hanno accolto la mia povertà.
Oggi come rispondo all’amore ricevuto? sono capace di esprimere la mia gioia e di lodarLo?
Abbiamo letto da poco il racconto della Passione di Gesù e incontrato nel racconto tanti personaggi: i discepoli, Giuda, i dottori della Legge, i sacerdoti, i soldati, Pilato, la folla, il Cireneo, i due ladroni, le donne…
Sono come Giuda che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo ai sacerdoti? O come i discepoli che si addormentano mentre il Signore soffre? Sono come i capi del Sinedrio che istruiscono un processo e cercano falsi testimoni? O come Pilato quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la responsabilità e lascio condannare le persone? Sono come la folla che chiede la liberazione di Barabba o come il Cireneo che aiuta il Signore a portare la croce? La mia fede ha bisogno di prove come quelli che sotto la croce gli chiedono che scenda dalla croce per credere che è il Figlio di Dio, o come le donne vado al sepolcro per onorarlo?
Mi piacerebbe essere come la Maddalena che riconosce il Risorto perché è chiamata per nome o come i discepoli di Emmaus che lo riconoscono allo spezzare il pane, ma ai quali già “ardeva il cuore nel petto mentre conversava con loro lungo il cammino, quando spiegava le Scritture”. (Lc 24,32)
E come loro, con urgenza, accogliere l’invito a predicare il Vangelo, la Buona Notizia, e diventare annunciatrice di speranza!
Buona Pasqua!
di Irene Larcan, laica domenicana