Ci sono immagini che sono al servizio della predicazione, essendo loro stesse predicazione, senza bisogno di altro, le guardi e ti entrano dentro, ti parlano e ti portano lontano, ti fanno già intravedere quelle “cose di lassù” che dovremmo sempre guardare, come dice san Paolo.

Il quadro che stiamo guardando è tipicamente domenicano: come tradizione vuole, vediamo la Madonna del Rosario circondata da santi domenicani, per l’esattezza 12: sono inquadrati all’interno delle rose che quasi avvolgono la Vergine, la quale poggia i piedi sui petali di una rosa appena sbocciata. Sotto la rosa troviamo un tronco d’albero che viene annaffiato da due frati e ai due lati dell’albero troviamo altri 12 frati domenicani e due frati che guardano verso di noi. Il tutto all’interno di un giardino illuminato dalla presenza della Vergine Maria e da Gesù bambino. Quattro angeli sembrano quasi sfiorare la chioma dell’albero e sembrano voler raggiungere i frati che sono in basso.

Osservando questo divino spettacolo mi viene in mente una parola: liturgia! È un quadro eminentemente liturgico.

Se vogliamo parlare di liturgia ci basta guardarla! Noi sappiamo che la liturgia è un incontro, è Dio che viene verso di noi e noi camminiamo verso di Lui attraverso la sua Parola che Lui stesso ci mette in bocca per lodarlo. Nella liturgia, la chiesa militante e la chiesa trionfante diventano un tutt’uno. Noi, pellegrini sulla terra partecipiamo in modo mistico al coro celeste ed entriamo nella comunione dei santi. Allo stesso tempo la chiesa trionfante si fa presente in mezzo a noi. Questo avviene nella maniera più piena e totale nella Santa Messa.

Come ho notato prima, non a caso, le rose che rappresentano i santi sono 12…esattamente come gli apostoli, e la colomba ricorda il cenacolo dove la Madonna e i 12 erano riuniti nel giorno di Pentecoste. Sappiamo bene che nella liturgia siamo presenti e riviviamo il mistero della nostra salvezza in tutti i suoi avvenimenti, ed ecco, il mistero della Pentecoste si rinnova e scende, illuminando la chiesa militante che sta rendendo lode a Dio. Davanti ai dodici frati, che paiono riprodurre uno dei nostri cori caratteristici, vi sono dodici fogli, nella cui cima si possono intravedere, alternati, fuoco e acqua. La Parola di Dio non è fuoco? Fuoco che ti arde dentro, ti brucia e ti trasforma, ma è anche acqua che ti  purifica, ti rende uomo nuovo. Sappiamo bene che la parola Divina è viva ed efficace e non torna indietro senza avere prima irrigato e seminato (Isaia 55,10).

Benedetto XVI, nella sua Teologia della liturgia, ci regala questa definizione: «La liturgia cristiana è una liturgia in cammino, di pellegrinaggio verso la trasformazione del mondo, che sarà compiuta quando Dio sarà tutto in tutti ed è un aprire le porte di questo mondo, perché Dio possa entrarvi e le persone credenti possano entrare ed andare incontro a Dio».

Questa definizione mi pare stia a pennello per motivare la presenza del giardino e dell’albero. La nostra storia è iniziata in un giardino, l’Eden, e lì il cuore nostalgico dell’uomo vuole tornare. Dio ha per noi lo stesso sogno, la stessa attesa: riportarci nel vero Eden, di cui il giardino dal quale fu cacciato via Adamo ed Eva dopo il peccato originale è figura, perché il primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se stesso e con la creazione che saranno superate soltanto dalla gloria della nuova creazione in Cristo.” (CCC 374) E in Questa nuova creazione vedremo “L’essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di una creatura” (CCC 1023)

L’albero che vediamo non è altro che l’albero della vita, del quale noi un giorno avremo il “diritto” (Ap 22,14) l’albero che secondo l’apocalisse produrrà frutti per tutte le stagioni (Capitolo 22).

Nella liturgia avviene proprio questo, rendiamo presente sulla terra il regno di Dio, e cos’è il regno di Dio se non il nuovo Eden, dove potremmo godere dei frutti dell’albero della vita?

Mi viene in mente guardando l’albero, l’apparizione della Madonna di Fatima: lei è apparsa su una quercia, considerato da sempre simbolo dell’eternità, infatti, come leggiamo nell’articolo pubblicato su Avvenire l’11 maggio 2017 e scritto da suor Gloria Riva: «L’annuncio della Madonna si colloca dentro la grande opera di salvezza che il Cristo compie già interamente sulla croce, ma che si deve attuare nella storia attraverso il corpo mistico della Chiesa».  È interessante anche questa annotazione che troviamo sempre nell’appena citato articolo: «La Madonna dell’albero secco, di Petrus Cristus, artista olandese del XV secolo ricorda l’apparizione a Fatima: Qui Maria appare sopra un albero spinoso, lo stesso sul quale il Salvatore salì per condurci alla gloria […]. Gesù porge alla madre il frutto della sua passione che riaprirà all’umanità il giardino ove si radica l’albero della vita. Questo collegamento è interessante e sarebbe bello sapere se l’autore del quadro abbia conosciuto Petrus Christus … come mai ha pensato di mettere la Vergine su un tronco e darle come “cuscino” petali di rosa?».

Ritornando al nostro quadro, si potrebbe teorizzare, ripensando ai vari aggettivi che vengono usati per omaggiarla, alle litanie domenicane e lauretane. Infatti, nelle litanie domenicane troviamo: “Rosa che mai sfiorisce”… ella è il primo fiore che è sbocciato nel nuovo Eden, la rosa mistica, il fiore più bello che si sia mai visto nella vita spirituale. Rosa mistica vuol dire anche rosa nascosta, perché il suo sacro corpo non è più, per dirla con Newman, in terra, ma in cielo. «Maria è la rosa mistica, che mai sfiorisce. Nella letteratura cristiana il racconto della Dormitio Virginis mostra come la vicenda terrena di Maria si sia conclusa con una morte serena tra canti, fiori, profumi in compagnia degli apostoli radunati, e di come anche lei, dopo tre giorni, sia stata Assunta in cielo per essere incoronata Regina dei santi e degli angeli. Maria è la rosa che mai sfiorisce perché Dio non ha permesso che il suo corpo conoscesse la morte per non più di qualche giorno, per poi ridestarla ancora più rigogliosa e vitale alla gloria del cielo, diventando per questo rosa mistica, ovvero nascosta alla vista umana ma sempre operante con le sue numerose grazie» (https://www.amicidomenicani.it/vedi_rubriche.php?sezione=domenicani&id=31).

Riguardo i misteri del rosario che vediamo credo che sia inutile spiegarli: è tutto il mistero della salvezza, l’eternità che si incontra con la nostra finitezza. I due frati che vediamo ai piedi dell’albero non sono certamente lì per sbaglio, ma come ben vediamo ne annaffiano le radici e, oserei dire, con la predicazione della Parola e i sacramenti.

I fiori come possiamo ben immaginare sono i santi che già abitano nel nuovo Eden.

Curioso che gli angeli siano quattro, direi Michele, Raffaele, Gabriele e il quarto, conosciuto dalla tradizione apocrifa, Uriele…, oppure possono essere i 4 angeli e i 24 santi domenicani come i 24 vegliardi dell’apocalisse.

Non lasciamoci certo sfuggire che in braccio a Maria c’è Gesù che ci porge il rosario, il “breviario dei poveri”. Maria ci porta a Gesù, il Verbo incarnato, custodendolo e insegandoci a custodirlo come ha fatto lei, Perché «il figlio di Dio è nato come uomo da una madre. Qualcosa di simile avviene per ogni uomo che viene generato come figlio di Dio: deve abbandonarsi a Dio perché Dio generi in lui il figlio e generi lui stesso nel Figlio» (don Divo Barsotti, Mistero cristiano nell’anno liturgico). Ricordiamoci anche che «il Verbo si incarnò nel seno di Maria per opera dello Spirito, così per opera del medesimo spirito egli continua la sua incarnazione nel seno della chiesa (Interessante collegare questa definizione di don Divo Barsotti con il particolare del ventre scoperto di Maria…quasi a indicare che l’incarnazione, attraverso la maternità della Chiesa, continuerà) ed è lo spirito santo che fa della chiesa il corpo stesso di Cristo».  Nell’eternità si realizzerà la maternità e la sponsalità della Chiesa, che vediamo già in Maria, mentre qui, sulla terra viviamo il discepolato di Cristo.

La luce, simbolo della santità di Dio parte da questo piccolo cenacolo celeste per irradiarsi su tutta la Chiesa e attraverso di essa illuminare il mondo… come non pensare a: «La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’anno vinta? (Gv 1,5)». Tutta la forza della preghiera può fare questo…quanta luce si espande quando la preghiera è vera, autentica, fatta in piena comunione con Dio? Essa fa di noi figli della luce e questo avviene perché l’Incarnazione, mistero che si attua in noi attraverso la Parola di Dio continui, portando la salvezza all’intera umanità.

I due frati che guardano verso l’esterno creano una comunicazione fra il quadro e chi guarda… come se ci invitassero a entrare a far parte di questo miracolo che avviene ogni volta che ci mettiamo davanti all’Onnipotente nella preghiera liturgica. Non ne saremo mai abbastanza coscienti, ma ogni volta che apriamo il breviario è come se “avessimo il mondo in mano” e «nella misura che il breviario diverrà il nostro respiro, la nostra vita, noi vivremo la vita del cielo”» (Don Divo Barsotti, Introduzione al breviario)

Tutto si può sintetizzare con una frase: il cielo è già qui, sulla terra!!!!

Suor Silvia, monaca domenicana