1) La Lectio divina. Con il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) la Parola di Dio ha ritrovato la sua centralità nella vita della Chiesa (Dei Verbum 18.11.1965). Dopo secoli di esilio della Bibbia dal popolo di Dio, finalmente la Sacra Scrittura ha ripreso il posto centrale che le compete nella liturgia, nella preghiera, nella vita. È forse il dono più prezioso che lo Spirito ha fatto alla Chiesa del nostro tempo, quindi, fatto a noi, coscienti di avere una grande responsabilità nel mondo di oggi: annunciare il Vangelo.

La Lectio è una delle priorità pastorali che Giovanni Paolo II ha indicato alla Chiesa all’inizio di questo terzo millennio: “Non c’è dubbio che il primato della santità e della preghiera (di cui ha scritto nei paragrafi precedenti) non è concepibile che a partire da un rinnovato ascolto della parola di Dio. Da quando il Concilio Vaticano II ha sottolineato il ruolo preminente della Parola di Dio nella vita della Chiesa, certamente sono stati fatti grandi passi in avanti nell’ascolto assiduo e nella lettura attenta della Sacra Scrittura.

Ad essa si è assicurato l’onore che merita nella preghiera pubblica della Chiesa. Ad essa i singoli e le comunità ricorrono ormai in larga misura, e tra gli stessi laici sono tanti che vi si dedicano anche con l’aiuto prezioso di studi teologici e biblici. Soprattutto è l’opera dell’evangelizzazione e della catechesi che si sta rivitalizzando proprio nella attenzione alla parola di Dio. Occorre, carissimi, consolidare e approfondire questa linea, anche mediante la diffusione della Bibbia nelle famiglie. In particolare è necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell’antica e sempre valida tradizione della Lectio Divina, che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l’esistenza” (Novo Millennio Ineunte, 39).

Dobbiamo richiamare anche l’invito di Benedetto XVI: “In questo contesto, vorrei soprattutto evocare e raccomandare l’antica tradizione della Lectio divina: l’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore (cfr DV 25). Questa prassi, se efficacemente promossa, recherà alla Chiesa, ne sono convinto, una nuova primavera spirituale. Quale punto fermo della pastorale biblica, la Lectio divina va perciò ulteriormente incoraggiata, mediante l’utilizzo anche di metodi nuovi, attentamente ponderati, al passo con i tempi” (ibid.).

2) Cos’è la Lectio divina? Un metodo per leggere e approfondire la Parola di Dio; una via ben collaudata per accogliere la Parola, per approfondirla e gustarla, un sistema che costituisce un vero e proprio itinerario spirituale in varie tappe (cfr nota in fondo al testo). La Lectio divina è una “pedagogia” per la lettura della Bibbia. La Lectio ha una peculiarità: è lettura della Parola di Dio in colloquio con Dio. Si chiama “divina”, non soltanto perché i testi che leggiamo contengono ciò che Dio dice, ma anche perché è una lettura che si fa in due: chi legge, da una parte e lo Spirito del Risorto, dall’altra. Questa “lettura divina” non è evidentemente una semplice lettura della Bibbia, fatta per curiosità o a scopo di studio o di ministero, e non è neanche semplice lettura spirituale. Lectio divina vuol dire leggere, ascoltare, ritenere, approfondire e soprattutto vivere la Parola di Dio, contenuta nella Scrittura, immergendosi in essa con fede e amore.

La Lectio è un ascoltare e assaporare la Sacra Scrittura stando seduti, come Maria, ai piedi di Gesù per non perdere una sola Parola uscita dalle sue labbra. Noi leggiamo la Parola di Dio semplicemente per stare con lui, per ascoltare la sua voce: la Lectio divina è un incontro personale con Dio, un’esperienza di Dio, in essa avviene una comunione di vita con Dio, perché possiamo incontrarlo e sperimentarlo come il “Signore” della nostra vita. Per la pratica corretta della Lectio, quindi, è importante dire: non si legge la Scrittura per diventare maestri, ma unicamente per farcene discepoli; non per insegnare, ma per pregare. Non è serio, quindi, selezionare dei passi biblici, qua e là, quasi a caso… “Non metterti mai a piluccare la Bibbia per scegliere il brano che ti piace” (Enzo Bianchi).

3) Struttura della Lectio divina. La Lectio divina comprende quattro momenti, tutti importanti, concatenati e interdipendenti. Trascurandoli o svolgendoli disordinatamente si corre il rischio di una lettura sterile o addirittura controproducente. I momenti o passaggi principali sono: lectio, meditatio, oratio, contemplatio.

Il primo è la lectio, la lettura propriamente detta, una lettura evidenziata. “Se preghi, parli con il tuo Sposo. Se leggi, egli parla a te” (S. Girolamo). Si prende in mano una penna e si apre la pagina biblica. E’ importante, “perché la Scrittura si legge con la penna e non soltanto con gli occhi” (note del card. C. M. Martini). E’ un momento impegnativo ma necessario, da cui dipende anche l’esito degli altri passaggi del percorso. E’ la lettura e rilettura “intelligente” del brano che abbiamo davanti, per metterne in rilievo gli elementi portanti. La Parola di Dio nasce dalla vita. Questo significa che un testo, per essere capito, ha bisogno di essere collocato dentro il con-testo del libro biblico a cui il brano appartiene ma anche nel contesto dell’intera Scrittura, cercando di coglierne la struttura, i personaggi, le azioni e le loro qualifiche, le parole chiave, domandandoci: «Cosa dice il testo in sé?».

E’ necessario, quindi, evidenziare:

  • Dove avviene il fatto raccontato?
  • Quando avviene il fatto?
  • Chi sono i personaggi che agiscono? (principali o secondari)
  • Che cosa fanno?
  • Che cosa dicono?
  • i VERBI  (esprimono gli atteggiamenti delle persone)
  • gli  AVVERBI  (per capire i sentimenti del cuore)
  • gli  AGGETTIVI  (le qualità che danno colore all’azione).

In questo modo scopriremo elementi che a una prima lettura, forse distratta e un po’ affrettata, passano inosservati, troveremo indizi che non ci aspettavamo, anche se ci pareva di conoscere il brano quasi a memoria. Successivamente, è importante prolungare questa raccolta di dati, cercando di ricordare dei brani simili della Bibbia, o di cercarli con l’aiuto delle note in fondo pagina o dei paralleli, normalmente citati in margine. “Un fatto simile a quello che sto analizzando, l’ho già trovato in qualche passo dell’AT? Dove? Ritorna in qualche racconto del vangelo? Quale? Ricordo dei richiami già presenti in qualche lettera di S. Paolo? Quale?” Andiamo a cercare questi riferimenti, li confrontiamo con il testo che abbiamo davanti, notiamo le somiglianze e le differenze. Nella Lectio divina la Scrittura commenta la Scrittura.

Occorre, anche, avere presente che gli autori sacri amano caricare alcune parole di un particolare senso o evidenziare alcuni vocaboli (generalmente i verbi) ripetendoli più volte in versetti ravvicinati o nello stesso versetto. Sono vere e proprie indicazioni di percorso che aiutano a comprendere un testo nella sua verità storica.

E’ importante questa ricerca per capire il significato corretto del testo e non “uscire dal seminato”. In questo percorso, infatti, il lettore si affida progressivamente al testo, si lascia condurre e guidare dal brano ed evita il rischio di interpretarlo a modo proprio e far dire al testo, ciò che non vuole assolutamente dire… E’ un lavoro che esige tempo, per entrare in “confidenza” con una pagina biblica, per dialogare con il brano e renderlo vivo, anche con un l’ausilio di qualche sussidio. Come già detto, il testo è mediazione, traccia, impronta di Dio, contiene la Parola: in questo modo, la Parola di Dio ci raggiunge, penetra in noi e prende possesso di noi.

Si passa quindi alla meditatio, la meditazione, che è una sosta interiore sugli elementi portanti del brano, raccolti durante la lectio. Riflettiamo sui messaggi del testo, sui valori permanenti che ci trasmette. Si tratta di rispondere alla domanda: “Cosa dice a me questo testo? Quali messaggi e valori mi comunica, attraverso i dati che ho evidenziato?” Si tratta di raccoglierci e chiedere al Signore: «Cosa dici a me con queste tue parole?». E’ l’atteggiamento del giovane Samuele: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10). “Quando leggi la Parola di Dio, bisogna che ricordi di dirti senza interruzione: è a me che si rivolge, è di me che si tratta. Quindi, applica tutto il testo a te” (Kierkegaard).

Emergono, allora, i sentimenti dell’uomo di ogni tempo come il timore, la gioia, la sua speranza, la confidenza, la fiducia, ma anche, all’opposto, la paura dell’affidarsi, i suoi dubbi, la solitudine: sono i sentimenti che, forse, ritroviamo in noi stessi. Affiorano anche gli atteggiamenti di Dio verso di noi: la bontà, il perdono, la misericordia, la pazienza.

La storia e le situazioni vissute dai personaggi presenti nel testo diventeranno fonte di confronto con la nostra situazione e la nostra esperienza personale: in loro, troveremo noi stessi, scopriremo il nostro modo di essere e agire in profondità, ci conosceremo meglio. «Cosa dici a me, Signore, con queste tue parole?». E’ questo un momento della Lectio che bisogna vivere nella grazia dello Spirito e con grande sincerità e concretezza, perché c’è sempre il rischio di sfuggire al confronto, soprattutto quando ciò che dice Gesù fa paura, o quando quello che emerge dalla Parola ci scomoda o ci mette in discussione, o ci costringe a rivedere i nostri comportamenti o a cambiare qualcosa della nostra vita.

Siamo abili a scappare da noi stessi, a “lasciar correre” pur di evitare qualcosa che ci dà fastidio, così come siamo molto accorti a giustificare i nostri comportamenti, per non cambiare abitudini. Non è giusto accettare dalla Scrittura solo approvazioni e consolazioni. Ricordiamo sempre che se la Parola di Dio, da una parte ci accusa, dall’altra offre, ogni volta, una via di uscita e di salvezza. Questa è la meditazione: non è una sterile autoaccusa o una tortura interiore. La sua finalità è di “mettere luce” in noi stessi, fare verità in noi. La meditazione, poi, non è fine a se stessa, ma tende a farci entrare in dialogo con Gesù, a diventare preghiera.

Il terzo momento è l’oratio, la preghiera. Alla voce di Dio che ci ha interpellati nella lectio e meditatio, rispondiamo con la preghiera, cioè trasformiamo in preghiera quello che abbiamo meditato. Non inventiamo noi la preghiera, ma entriamo nei sentimenti religiosi che il testo evoca e suscita. Come ogni risposta deve corrispondere alla domanda, così la preghiera sarà sempre in sintonia con il testo meditato, sia essa pubblica, liturgica, privata, comunitaria. «Cosa ho da dire al Signore in risposta alla sua Parola». Si tratta, quindi, di parlare a Dio con lo spirito suggerito dal testo e in preciso riferimento alla Parola meditata.

Scopriremo che la Scrittura, alternativamente, ci condurrà a esprimere le varie finalità della preghiera: l’adorazione, la lode, il rendimento di grazie, la preghiera di perdono, la richiesta di grazie per noi, l’intercessione per gli altri, ma sempre con lo spirito suggerito dal testo. Anche in questo passaggio della Lectio bisogna essere coerenti con le indicazioni della Parola, per permettere alla Parola di convertirci. “Signore, cosa vuoi che io faccia?”, pregava s. Francesco d’Assisi. Secondo la tradizione monastica, questo dialogare con Dio nella preghiera non deve essere lungo o elaborato, ma breve e intenso, semplice e umile, perché perseverando in essa, la domanda sia più incisiva ed efficace.

Segue la contemplatio, la contemplazione. Che cos è la contemplazione?

Il termine latino contemplatio va tradotto in italiano: guardare, osservare con senso di meraviglia, di stupore, con ammirazione. La Bibbia non utilizza i termini contemplazione e contemplare: ricorre di preferenza ai verbi conoscere, vedere e, soprattutto, ascoltare, il più usato nell’AT. Questi verbi, però, non esprimono anzitutto il conoscere come funzione intellettuale, o il vedere e l’ascoltare come azioni materiali, ma piuttosto come attività del cuore e della vita: si “conosce” Dio con il cuore, lo si sperimenta con la vita. Contemplare è entrare in un rapporto di fede e di amore con il Dio di verità e di vita che in Cristo ci ha rivelato il suo volto, quel volto che ogni pagina della Bibbia ci svela. Basta guardare: aprirsi alla luce della Parola; guardare con ammirazione: che è l’estasi davanti al bello e al buono; con occhio semplice, con lo sguardo trasparente che si apre trasognato sulla realtà, ne gioisce e ne coglie la novità; nel silenzio che è il clima delle grandi comunicazioni e delle intuizioni più forti.

Ora chiudiamo la Bibbia e mettiamo da parte il testo con cui abbiamo fatto il percorso della lectio, della meditatio e dell’oratio. Il brano, in ogni suo elemento particolare, è stato traccia, segno e mediazione della voce di Dio. La sua funzione, quindi, è compiuta, perché la Parola di Dio ci ha ormai raggiunti, ha preso dimora in noi e opera già in noi. «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta , io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). “La Parola di Dio, la Parola del Padre, è Gesù. In Gesù, il Padre tutto ci ha detto e ci ha dato. Ecco perché noi, chiamati ad essere ascoltatori e contemplativi fissiamo il nostro sguardo e il nostro ascolto in Gesù. Abbiamo ricevuto Gesù, persona viva e vera, nella quale abita la pienezza della divinità (Col 1,19) e insieme la piena povertà dell’umanità. Chiamandoci alla contemplazione, il Signore ci fa, quindi, un dono, ci offre un privilegio… perché dentro di noi c’è un’esigenza insopprimibile di contemplazione” (p. Anastasio del ss. Rosario O.C.D., “In ascolto di Dio”, Ed. Ancora).

A questo punto, la contemplazione è qualcosa di molto semplice. Quando si prega e si ama molto, quando si è presi, afferrati dalla rivelazione della vita e dell’amore di Dio, le parole quasi vengono a mancare e non si pensa più tanto ai singoli elementi del brano letto e a ciò che abbiamo compreso. Si avverte il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarsi raggiungere dal suo mistero, di “gustare e vedere quanto è buono il Signore” (sl 33/34,9), di riposare in lui, di amarlo, di accogliere il suo amore per noi.

E’ l’intuizione che, al di là delle parole, dei segni, del fatto biblico, delle cose capite, dei valori emersi, c’è qualcosa di più, c’è un orizzonte immenso. E’ l’intuizione del Regno di Dio dentro di noi, è la certezza di essere stati “toccati” dalla grazia divina. “Cerchiamo Colui che ci cerca”: contemplare è sentirsi raggiunti e amati da Dio; è guardare a se stessi, a tutti e a tutto con lo sguardo di Dio, con il suo stesso sguardo di Padre e non con il nostro occhio umano; è avere “la mente e il pensiero di Cristo” (1Cor 2,16). E’ il momento del colloquio intimo tra Dio e il credente, del “faccia a faccia” con il Signore (Fil 2,5).

La contemplatio non è astratta: comporta sempre l’azione. E’ il contemplare agendo, in cui il cuore, toccato dalla presenza di Cristo, si chiede: «Cosa devo fare per realizzare questa Parola?». La lectio divina, quindi, con i quattro passaggi che essa comporta, non è soltanto scuola di preghiera: diventa scuola di vita. Fare esperienza personale di Gesù, il Salvatore e Liberatore, cambia inevitabilmente la nostra vita, i nostri giudizi, i nostri criteri e diventa la confessione pratica, vissuta nelle nostre scelte quotidiane, che lui è il Signore della vita e della storia di tutti gli uomini, che è il Signore del mondo.

La collatio, dal latino “colligere” = raccogliere: è l’unico passaggio supplementare e integrativo alla Lectio, quando si svolge in forma comunitaria. E’ opportuno, però, chiarire la finalità di questo momento. La collatio non è per la discussione né per la condivisione, ma per la comunicazione. Si possono riferire, con molta sobrietà, le risonanze personali della Parola, le sottolineature al testo, intuizioni, approfondimenti, dubbi e reazioni a vario livello e di vario tipo… E’ il momento della condivisione nella fede. Nella collatio ognuno vede il fratello, la sorella in una dimensione di fede. Il fratello/la sorella è una persona con cui condivido un progetto di salvezza. Ognuno scopre che essere fratelli/sorelle vuol dire indicare gli uni agli altri la strada da percorrere, offrire il sostegno reciproco e camminare insieme verso l’unico traguardo. Ognuno si sente responsabile della crescita di ciascuno e di tutti. Ognuno gioisce della gioia degli altri.

Soprattutto: nella collatio si è discepoli gli uni degli altri. Per questo non si danno giudizi… ma si esprime: accoglienza, apprezzamento, gratitudine per il fratello/la sorella. Nella collatio il protagonista principale è lo Spirito Santo, vivente nella Parola di Dio e nelle sorelle/fratelli. Insieme, in silenzio, si ascoltano le intuizioni interiori, le risonanze, i germi di vita che lo Spirito, a volte in forma ancora iniziale e incerta, suscita in ciascuno. E’ lo Spirito Santo che crea “simpatia” tra la Parola di vita, i fratelli, le sorelle e, attraverso ciascuno, la comunità. Nella collatio si condividono le proprie debolezze, ma soprattutto le meraviglie che in essi compie la Parola di Dio.

L’icona di Maria, Vergine dell’ascolto. Maria è l’icona dell’ascolto fecondo della Parola: ella ci insegna ad accoglierla, a custodirla e a meditarla incessantemente: «Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Immagine perfetta della Chiesa, Maria si lascia plasmare dalla Parola di Dio: «Avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). E l’ascolto si fa dono d’amore: la Vergine dell’annunciazione va da Elisabetta a soccorrerla nella sua necessità. Donna dell’ascolto, Maria si presenta nella visitazione come Madre dell’Amore: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (Lc 2,43). La sua voce è portatrice della gioia messianica: «Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo» (Lc 2, 44). La sua beatitudine è aver ascoltato e creduto alla Parola dell’Eterno: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (Lc 2,45) (mons. Bruno Forte, ibid.).

“Cosa possiamo imparare da San Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura. Dice s. Girolamo: “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo”. Perciò è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Scrittura. Questo dialogo con la Parola deve sempre avere due dimensioni: da una parte, deve essere un dialogo realmente personale, perché Dio parla con ognuno di noi tramite la Scrittura e ha un messaggio per ciascuno. Dobbiamo leggere la Sacra Scrittura non come parola del passato, ma come Parola di Dio che si rivolge anche a noi e cercare di capire che cosa il Signore voglia dire a noi.

Ma per non cadere nell’individualismo dobbiamo tener presente che la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella verità nel nostro cammino verso Dio. Quindi, pur essendo sempre una Parola personale, è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva. Il luogo privilegiato della lettura e dell’ascolto della Parola è la liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi. Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l’eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l’eterno, la vita eterna” (Benedetto XVI, Udienza generale di Mercoledì 7 novembre 2007, cfr Osservatore Romano 8 novembre 2007).

Conclusione.

Mi rendo conto che il tentativo di presentare la Lectio divina potrebbe scoraggiare per l’impegno che comporta. Cosa dire? Bisogna “crederci”, evitando di esprimere giudizi di valore prima di averla sperimentata. Dobbiamo essere convinti che l’incontro approfondito con la Sacra Scrittura e l’esperienza “saporosa” della Parola di Dio – “E fu in bocca dolce come il miele” (Ezechiele 3,3) – sono doni dello Spirito Santo, che attraverso la pratica continuata e assidua della Lectio divina, ci introduce “alla verità tutta intera” (Gv 16,13). “Lo Spirito, infatti, conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1Cor 2,10).

La Lectio divina è un cammino di unificazione della nostra persona e della nostra vita intorno “alla sola cosa di cui c’è bisogno” (Lc 10,42). Certamente, come ogni cammino di vita spirituale ha le sue fatiche e, alcune volte, soprattutto quando sperimentiamo qualche forma di aridità spirituale, potremmo anche essere tentati di abbandonarlo. Non dobbiamo dimenticare che la Lectio è un itinerario di tutta la vita e, come ogni esperienza spirituale, va affidata, prima di tutto, alla forza, alla grazia e alla misericordia di Dio.

Sottolineo ancora una verità fondamentale, a mio avviso. Nella pratica della Lectio divina, la cosa importante non è capire la Parola, subito e a tutti i costi, e “preoccuparsi” se un testo della Scrittura dice nulla… La prima cosa davvero necessaria è essere raggiunti dalla Parola, essere abitati dalla Parola, diventare dimora, tempio della Parola. Non saremo mai possessori, padroni della Parola: siamo posseduti dalla Parola. Cerchiamo, piuttosto, di lasciare libertà di azione in noi alla Parola.

di fra Domenico Marsaglia

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Nota. La Lectio Divina è un metodo “ideato” da Guigo II Certosino. Di lui sappiamo solo che nel 1173 era già monaco con responsabilità e che nello stesso anno, o in quello successivo, fu eletto nono priore della Grande Certosa, dove morì nel 1188. Quello di Guigo è un metodo che ha aiutato tanti cristiani a pregare con la Bibbia e a fare concretamente la Lectio Divina. In questi anni, però, accanto agli enormi vantaggi che ci sono venuti dalla riscoperta di questo metodo, mi pare di aver notato due grossi rischi. Il primo è quello di una certa rigidità nel riproporlo, intesa quasi in modo meccanico, come una serie di inflessibili atti successivi, mentre invece lo stesso Guigo intendeva i quattro passaggi come concatenati e interdipendenti ma non rigidamente vincolanti. Il secondo rischio, a mio avviso, è originato dal fatto che qualche autore spirituale moderno ha aggiunto altri passaggi/momenti ai quattro tradizionali, rendendo il metodo eccessivamente complesso. L’unico momento supplementare e integrativo che condivido, quando la Lectio Divina si svolge nella forma comunitaria, è la “collatio”.