Pubblichiamo un articolo di fra Alessandro Amprino dalla Turchia. Il contributo proviene della Newsletter di Giustizia, creato e pace del febbraio 2023 che può essere scaricata per intero al seguente collegamento. L’immagine di copertina è di fra Lawrence Lew op.

Questa newsletter esce contemporaneamente alla ricorrenza del primo mese dalla morte di Papa Benedetto XVI, dopo una vita nella quale ha saputo elargire “unzione, sapienza, delicatezza e dedizione”. Un momento singolarmente significativo del suo ministero petrino è stato senza dubbio il viaggio apostolico che egli ha compiuto in Turchia dal 28 novembre al 1 dicembre 2006. Fu una scelta coraggiosa quella di venire qui: non dimentichiamo che solo pochi mesi primi don Andrea Santoro era stato violentemente ucciso e che ancora forti si facevano sentire le voci polemiche nate da un travisamento di alcune parole che il Papa aveva pronunciato durante la lectio magistralis tenuta presso l’università di Ratisbona. Il successo del viaggio fu indubitabile. Un giornale chiamò Benedetto XVI “nuovo amico della Turchia”, titolo, questo, attribuito a san Giovanni XXIII al quale il popolo turco è ancora legatissimo.

Più ancora delle parole, rimangono vivi nella memoria alcuni gesti significativi di questo viaggio come la preghiera silenziosa nella Sultanahmet Camii (la celebre “moschea blu” nel cuore di Istanbul), l’entusiasmo nello sventolare la bandiera turca nel santuario della Casa di Maria a Efeso e alcuni saluti pronunciati con una certa scioltezza nella lingua locale. Segni di un affetto sincero. Anche le parole pronunciate dal Papa nei suoi interventi rappresentano un’eredità preziosa. Tutto è reperibile sul sito della Santa Sede al seguente link: https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/travels/2006/outside/documents/turkey.html. Alle persone di religione musulmana, citando Gregorio VII, ricordò che “noi crediamo e confessiamo un solo Dio, anche se in modo diverso, ogni giorno lo lodiamo e veneriamo come Creatore dei secoli e governatore di questo mondo”.

Un nuovo e significativo impulso fu dato al dialogo ecumenico con i fedeli ortodossi, ponendo nuovamente in luce l’obbiettivo di condividere l’unica mensa del Signore. Una domanda posta ai fedeli della piccola comunità cattolica mi ha colpito molto e credo che sempre dovrebbe interpellare tutti noi, specialmente i locali cristiani di “vecchia data”: “Come i cristiani potrebbero trattenere soltanto per loro ciò che hanno ricevuto? Come potrebbero confiscare questo tesoro e nascondere questa fonte?” Ai responsabili della società civile ricordò il ruolo di “ponte” della Turchia tra continenti e culture. Ciò è reso particolarmente evidente dal fatto che molto della Turchia moderna è dovuto al dialogo con la ragione europea e il suo modo di vivere. Ma in questo momento drammatico per il mondo vale soprattutto la pena riascoltare le parole pronunciate presso il Santuario della Casa di Maria a Efeso: “possa presto realizzarsi la profezia di Isaia: “Forgeranno le loro spade in vomeri, / le loro lance in falci; / un popolo non alzerà più la spada contro una altro popolo, / non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2,4). Di questa pace universale abbiamo tutti bisogno; di questa pace la Chiesa è chiamata ad essere non solo annunciatrice profetica ma, più ancora, segno e strumento”.