La vita di San Domenico è “fotografata” negli episodi salienti che sono scolpiti nel sarcofago (Nicola Pisano, 1267) e nella predella tra i due angeli (Alfonso Lombardi, 1532). Queste sculture, originate dalle testimonianze dei frati che hanno personalmente conosciuto il Santo, sono un documento vivo e affascinante.
Per “leggere” l’arca di San Domenico occorre prima rendersi conto di quale tesoro racchiude. Il 24 maggio del 1233, a 12 anni dalla morte, il corpo di San Domenico venne trasferito dal luogo della sua prima sepoltura ad altro luogo più degno e più accessibile alla devozione dei fedeli. In tale circostanza si manifestò un prodigio testimoniato unanimemente da tutti i presenti: «Tolta la pietra che copriva la cassa, un meraviglioso profumo incomincia a esalare da un foro, e gli astanti attoniti per la sua fragranza si domandano meravigliati di che cosa si tratti. Abbiamo sentito anche noi la dolcezza di tale profumo, e sebbene fossimo stati intenzionalmente a lungo vicino al corpo di Domenico, non eravamo mai sazi di così grande dolcezza» (B. Giordano, Lettere circolari all’Ordine Domenicano). Quelle spoglie benedette furono poi riposte nella cassa di cipresso attualmente racchiusa nell’arca. San Domenico era il «profumo di Cristo fra quelli che si salvano e quelli che si perdono» (2 Cor 2,15). Di una dolcezza e tenerezza impareggiabili, «egli si attirava facilmente l’amore di tutti; senza difficoltà, appena lo conoscevano, tutti cominciavano a volergli bene». Ma nello stesso tempo aveva una fermezza esemplare: «era talmente irremovibile nelle cose che aveva giudicato convenienti secondo Dio, che mai o quasi mai consentiva di mutare una decisione, una volta che l’aveva presa dopo maturo consiglio».
(B. Giordano, Lettere circolari)
Ai suoi frati diceva: «I magi, questi devoti re, entrando nella casa, trovarono il Bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Ora, anche noi abbiamo trovato l’Uomo Dio con Maria, sua ancella». Per questo egli fu un annunciatore appassionato del Vangelo, e per continuare la sua opera fondò un Ordine di Predicatori, chiedendo al Signore di dare ai suoi frati costanza nel vivere e zelo nel predicare la Parola che salva.
«Alla madre di Domenico, prima che lo concepisse, era parso in visione di portare in seno un cagnolino, che una volta uscitole dal grembo sembrava dar fuoco a tutto il mondo con una fiaccola che teneva in bocca, come per spargere ovunque quel fuoco che il Signore era venuto a portare sulla terra».
(B. Giordano, Libellus de principiis Ordinis Praedicatorum, 1234)
«Quando era ancora molto piccolo, più di una volta ci si accorse che aveva abbandonato il letto: come chi ha in orrore le delicatezze della carne, preferiva coricarsi per terra invece di riposare pacificamente con il corpo disteso sul letto».
(Pietro Ferrandi, Leggenda di S. Domenico)
«Al tempo in cui Domenico studiava a Palencia, infierì nella regione una tale carestia che molti poveri vi morirono di fame. Domenico, mosso a pietà, vendette allora le sue pergamene, glossate di proprio pugno, e il ricavato, assieme ad altre cose di sua proprietà, lo distribuì ai poveri dicendo: “Non voglio studiare su pelli morte mentre degli uomini muoiono di fame”».
(Atti del processo di canonizzazione di Bologna, 1233)
«Fra Buonviso narrò che al tempo in cui era economo del convento di Bologna, e quindi spettava a lui procurare il necessario ai frati, un giorno di digiuno venne a mancare il pane in refettorio. Fra Domenico, come al solito, fece cenno perché fosse servito il pane in tavola; al che il teste lo avvertì che non ce n’era. Allora fra Domenico, raggiante in viso, alzando le mani lodò e benedisse il Signore. In quel medesimo istante entrarono due angeli portando due canestri, uno di pane e l’altro di fichi secchi. Il teste affermò di sapere ciò perché si trovava presente».
(Atti del processo di canonizzazione di Bologna)
«Nell’anno del Signore 1218, mentre Maestro Domenico era a Roma, vi giunse il decano di Saint Aignan d’Orléans, maestro Reginaldo. Orbene, costui cadde gravemente ammalato. Maestro Domenico andò alcune volte a trovarlo. Egli guarì da quella gravissima mortale malattia, ma non senza l’intervento di un miracolo divino. Mentre infatti bruciava per la febbre, venne da lui in forma visibile la Regina del cielo e Madre della misericordia, la Vergine Maria, che lo unse con un unguento salutare che aveva portato con sé, aggiungendo queste parole: “Ungo i tuoi piedi con l’olio santo, affinché essi siano pronti a portare il Vangelo di pace”. Inoltre gli mostrò l’abito intero del nostro Ordine. Subito egli si sentì guarito e inaspettatamente ristabilito in tutte le sue forze. Questo prodigio fu in seguito narrato da Maestro Domenico in presenza di molti, ed ero presente anch’io».
(B. Giordano, Libellus)
«Il vicario di Cristo (Papa Innocenzo III)’ doveva apprendere da una visione quanto fosse necessario per la Chiesa universale ciò che l’uomo di Dio, Domenico, per ispirazione divina voleva realizzare (cioè la fondazione dell’Ordine dei frati predicatori). Una notte il Sommo Pontefice ebbe in sogno una rivelazione divina. Gli sembrava che la basilica lateranense fosse tanto scompaginata da essere minacciata dal crollo. Mentre egli impaurito e triste la guardava venne l’uomo di Dio, Domenico, e prese a sostenere con le sue spalle tutto l’edificio. Il Papa comprese il significato della visione e volentieri accolse la domanda dell’uomo di Dio».
(Costantino da Orvieto, Leggenda di San Domenico, 1245)
«Mentre il servo di Dio Domenico si trovava a Roma in preghiera nella basilica di S. Pietro, la mano di Dio si posò su di lui, ed egli vide in apparizione Pietro e Paolo. Pietro gli consegnò un bastone, Paolo un libro, e tutti e due aggiunsero: “Va’ e predica, poiché per questo Dio ti ha prescelto”. E in quell’istante parve a Domenico di vedere i suoi figli, sparsi per il mondo, che andavano a due a due a predicare. Per questo, convocati i frati, disse loro che era sua intenzione disseminarli, anche se erano pochi, nelle varie parti del mondo: sapeva infatti che il grano se è ammucchiato marcisce, se è disperso fruttifica».
(Costantino da Orvieto, Leggenda di San Domenico)
«Nello stesso momento della morte di Domenico, fra Guala, priore di Brescia, vide come un’apertura nel cielo, attraverso la quale scendevano due candide scale. La sommità dell’una era tenuta da Cristo, l’altra da sua Madre; e l’una e l’altra erano percorse da angeli che salivano e scendevano. In fondo alle due scale, nel mezzo, era posta una sedia, e sulla sedia c’era un uomo seduto, che sembrava un frate dell’Ordine. Cristo Signore e sua Madre tirarono su a poco a poco le scale fino a che colui che era in basso non giunse in cima. Allora fu ricevuto in cielo in un fascio di luce e al canto degli angeli».
(B. Giordano, Libellus)
«Il beato Domenico, rapito in spirito davanti a Dio, vide il Signore e la beata Vergine seduta alla sua destra, rivestita, a quanto gli sembrava, di un mantello color zaffiro. Guardandosi attorno vide davanti a Dio rappresentanti di tutti gli Ordini religiosi, ma del suo non ne scorse alcuno; per la qual cosa cominciò a piangere amaramente, e fermatosi lontano non osava avvicinarsi al Signore e a sua Madre. Fu la Beata Vergine a fargli cenno con la mano di accostarsi a Lei, ma egli non osò muoversi finché il Signore non lo ebbe chiamato. Il Signore gli disse: “Vuoi vedere il tuo Ordine?”. E quello tremante: “Sì, o Signore”. Allora il Signore, ponendo una mano sulla spalla della Beata Vergine, si rivolse nuovamente al beato Domenico: “Il tuo Ordine io l’ho affidato a mia Madre”. La Beata Vergine spalancò il mantello di cui sembrava rivestita e lo stese davanti al beato Domenico, il quale sotto di esso vide una moltitudine immensa di frati del suo Ordine».
(Beata Cecilia, I miracoli delB. Domenico, 1288)