5 gennaio 2020

La luce e la parola

Letture: Sir 24,1-4.12-16 (NV); Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

           

L’opera della creazione inizia o debutta con l’esplosione della luce: «Dio disse “Sia le luce!”. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo» (Gen 1,3-5). Ma prima della luce c’è, esiste, una parola misteriosa: «Dio disse». Sorge spontanea la domanda: a chi poteva rivolgersi il Creatore se non esisteva ancora nessuna creatura in grado di ascoltarlo e di rispondergli? Dio si narra da tutta l’eternità in suo Figlio che è Parola e lo fa in una comunione d’amore  che unisce il Padre e il Figlio che è lo Spirito. Il nostro linguaggio a questo punto incespica, rischia il mutismo, ma questo balbettare ci viene dalla Sacra Scrittura: rivelato dallo Spirito Santo, è il linguaggio più vicino alla realtà indicibile di Dio. E rimanda a quelle parole più avanti pronunciate da Gesù stesso: «Chi ha visto il Padre, ha visto me […] Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14, 9-10). È, allora, questo mistero di Dio Parola, di un Dio che si narra aprendosi nell’Amore, che Giovanni invita a contemplare nel passo del suo Prologo proposto come terza lettura per questa seconda Domenica dopo Natale: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […] tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,1-3). Tutto ciò che esiste si colloca, dunque, fin dall’inizio all’interno di un dialogo d’amore o piuttosto in una Parola d’amore che attende una risposta libera per poter costruire un dialogo d’amore. Il papa emerito Benedetto XVI lo aveva affermato solennemente all’apertura del Sinodo sulla Parola di Dio che vide riuniti 250 vescovi da tutto il mondo, insieme ai rappresentanti di diverse chiese cristiane, tra cui il patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli: «Tutte le cose vengono dalla Parola, sono un prodotto della Parola. “All’inizio era la Parola”. All’inizio il cielo parlò. E così la realtà nasce dalla Parola, è creatura Verbi. Tutto è creato dalla Parola e tutto è chiamato a servire la Parola. Questo vuol dire che tutta la creazione, alla fine, è pensata per creare il luogo dell’incontro tra Dio e la sua creatura, un luogo dove l’amore della creatura risponda all’amore divino, un luogo in cui si sviluppi la storia dell’amore tra Dio e la sua creatura» (XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Meditazione del Santo Padre Benedetto XVI nel corso della Prima Congregazione Generale). Come dice l’autore della Lettera agli Ebrei, per suscitare questa libera risposta «molte volte e in diversi modi nei tempi antichi [Dio] aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1,1). Sotto forma umana e in mille modi dunque affinché l’uomo fosse capace di decifrare questo linguaggio di Dio senza essere schiacciato, perché se nessuno può vedere Dio senza morire, allo stesso modo nessuno può intenderlo senza perire. Ma lo Spirito di Dio viene in aiuto alla nostra debolezza e ogni uomo può capire nel suo cuore, sotto una forma o un’altra, in modo frammentario e variato, questa Parola che l’invita ad amare.

Dio si è anche scelto un popolo con una propria cultura, un popolo di nomadi, per incidere la sua Parola nella nostra storia e Maria, figlia di questo popolo, nel suo Magnificat canta la sua meraviglia e il suo stupore davanti a questa grazia di essere stata anch’essa scelta da Dio. Perché in questi tempi che sono gli ultimi, Dio ha proposto a Maria di diventare Madre della sua Parola, madre del Verbo: in essa, attraverso lo Spirito Santo, Dio è diventato figlio dell’uomo. Tale è la grande novità del Natale che anche in questa seconda domenica si continua a ricordare, la novità definitiva che non avrà più smentita. In questo Figlio nato da Maria Dio ci dice tutto ciò che può e desidera dirci, poiché in lui, in Gesù Salvatore, egli libera ed effonde  tutto il suo amore per la sua creatura. San Giovanni della Croce lo aveva affermato con energia: nel suo Figlio Unigenito Dio ci ha detto tutto, e quindi l’uomo non deve più cercare alcuna rivelazione,  o verità al di fuori di Lui. Ora, questa parola è vitale non soltanto comprenderla e meditarla, ma occorre a entrare, penetrare,  sprofondare in essa. Benedetto XVI, sempre nello stesso intervento, lo spiega molto bene: «Entrando nella comunione con la Parola di Dio, entriamo nella comunione della Chiesa che vive la Parola di Dio. Non entriamo in un piccolo gruppo, nella regola di un  piccolo gruppo, ma usciamo dai nostri limiti. Usciamo verso il largo, nella vera larghezza dell’unica verità, la grande verità di Dio. Siamo realmente nell’universale. E così usciamo nella comunione di tutti i fratelli e le sorelle, di tutta l’umanità, perché nel cuore nostro si nasconde il desiderio della Parola di Dio che è una.» Detto in un altro modo, nella Parola di Dio non soltanto noi ci avviciniamo a Dio, ci rapportiamo a Lui, ma noi in essa raggiungiamo tutti gli uomini, tutti creati e pensati per diventare ascoltatori di questa Parola.

Infine, questa liturgia del tempo di Natale, a ridosso ormai dell’Epifania, ci pone davanti alla capanna di Betlemme in stato di contemplazione di questa Parola, e ci fa entrare nel suo mistero. Da giorni, non siamo più in compagnie dei pastori ma siamo in comunione con il cuore di Maria, contemplando questa Parola venuta ad incarnarsi in Lei e che oggi si offre nel Verbum infans, in un neonato fragile e silenzioso. Maria prevede già che anch’essa dovrà entrare liberamente in questo dono di Dio che si offre la cuore degli uomini: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51).

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