“Erano circa le quattro del pomeriggio”

17 gennaio 2021

LETTURE: 1Sam 3,3b-10.19; Sal 39; 1COR 6,13c; Gv 1,35-42

Erano circa le quattro del pomeriggio”: nessun bisogno di saperlo, nessuna necessità narrativa per questa specificazione. Inutile al racconto, conserva l’emozione, indelebile, del ricordo personale. Quanti anni trascorsi da quell’incontro, quanto tempo passato con Gesù e quante parole ascoltate, e poi quanti ricordi condivisi dopo la sua risurrezione, quante riflessioni e quanta preghiera… una vita, tutta quanta, spesa per lui. E tutto era cominciato un lontano pomeriggio, all’ora decima, verso le quattro. Già questa indicazione, apparentemente inutile, ci dice che la lettura del vangelo non è semplicemente accostarsi a un libro, con le sue storie le sue idee le sue teorie, ma è qualcosa che mi riguarda personalmente, che può segnare in modo indimenticabile la mia memoria e la mia vita. Come tutti gli incontri davvero importanti.

Ecco l’agnello di Dio”, aveva detto poco prima Giovanni il Battista, vedendo Gesù. Parola misteriosa, carica di riferimenti alla profezia del servo di YHWH, basta quello a far balzare in piedi e a correre dietro a quel giovane uomo che sta passando. “Che cosa cercate?” Non è la domanda scontrosa di chi si vede seguito… detta così, detta da lui è la domanda, quella che mette a nudo i desideri profondi e che ti lascia solo, senza difesa, davanti a te stesso. Domanda che ritorna, all’inizio e poi durante il cammino, rivolta ad ogni discepolo del Signore in ogni tempo; a me, a noi, oggi. Questa domanda, notava Bultmann, è la prima parole che Gesù pronuncia nel quarto vangelo: una parola importante che pone la domanda centrale, la domanda che dovrebbe porsi chiunque segue Gesù, perché ci può essere una ricerca equivoca, che cerca Gesù per impossessarsene in vari modi, o una ricerca illusoria, quella di chi pensa di cercare Cristo ma in realtà cerca solo se stesso.

Abbiamo appena iniziato un nuovo anno, il tempo di Natale si è concluso, domenica scorsa, con il Battesimo del Signore e adesso, ancora una volta un tempo di grazia ci è donato perché possiamo fare nostra, nella verità e senza infingimenti, la domanda di Gesù:“che cosa cercate?” e provare a rispondere. Vedere se è proprio lui quello che cerchiamo e cercare di conoscerlo meglio, scoprire chi è davvero, per noi e vedere come risponde al nostro desiderio, ai nostri bisogni più profondi, alla nostra fame e sete di vita buona.

Rabbì, dove dimori?” Ecco la domanda giusta del discepolo, non è una semplice curiosità ma è come chiedere qual è la tua vita, il tuo modo di esistere, il mistero della tua persona?  “Venite e vedrete”. Entrare nella casa di Gesù, trascorrere il tempo nella sua intimità: è la vita cristiana, la vita che ci è offerta in dono e basta solo accettare l’invito per gustare e vedere quanto è buono il Signore e per sapere che se si è con lui il cuore si quieta, appagato. Dimorare in lui ed egli in noi.

Venite e vedrete”. Chi accetta questo invito si rende subito conto che non è rivolto solo a lui. C’è la tentazione di pensare che il rapporto con il Signore sia qualcosa di assolutamente privato, che si svolge cuore a cuore nel più intimo di noi. E’ vero, anche Gesù raccomanda questa intimità della preghiera, solo a solo con il Padre -“quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,6)- ed egli stesso è stato esempio di una lunga consuetudine di dialogo orante e segreto con il Padre suo (cfr ad esempio Lc 6,12). Ma la chiamata al discepolato, la chiamata rivolta ad ognuno di noi, è sempre una chiamata “per” gli altri. Gesù ci chiama per collaborare a far entrare tutti alla festa del Regno del Padre suo, a lavorare insieme in un vincolo forte di fraternità e di comunione che nasce proprio dal rapporto di ognuno e di tutti con il Signore con di tutti (“Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?”, ci ricorda ancora una volta quest’oggi l’apostolo Paolo nella seconda lettura).

“Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia”(…) e lo condusse da Gesù”. Dall’incontro sgorga la testimonianza. Dalla vita scoperta, una vita nuova che non ci lascia più soli, nasce il desiderio di coinvolgere altri, perché anch’essi abbiano vita.

La prima lettura ci ha presentato la vocazione del giovane Samuele, nato come dono di Dio a consolare l’umiliazione della sua madre sterile e da essa offerto al Signore: “per questo fanciullo io ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lo lascio perché il Signore lo richieda: per tutta la sua vita egli è richiesto per il Signore”(1Sam 1,27-28). È una buona introduzione al brano di vangelo che abbiamo commentato, perché ci dice molto di noi, della nostra esperienza spirituale. Anche noi siamo stati offerti a Dio, consacrati a lui nel battesimo per essere tutta la vita “richiesti per lui”. Chiamati a incontrare il Signore, a venire e vedere il luogo dove dimora e a rimanere con lui, tuttavia molto spesso, nel torpore della nostra vita, solo confusamente intendiamo la voce che ci chiama e ci confondiamo, non sappiamo cosa dire e a chi dirlo. Abbiamo bisogno che qualcuno stia accanto a noi e ci guidi, ci indirizzi, come fa il vecchio sacerdote Eli con il giovane Samuele. La testimonianza e l’esempio di che ci è vicino ci permettono di comprendere la voce del Signore e di renderci a nostra volta disponibili ad ascoltarlo. Contagiosamente coinvolti in una catena che è la trasmissione della fede, dell’esperienza di una vita bella e piena che a poco a poco, anello dopo anello, cambia il mondo.

[/fusion_text][/one_full]]]>