In alto l’Anastasis, con il Cristo che trascinando con sé Adamo calpesta il demonio e le porte degli Inferi, più in basso la resurrezione dei morti, la pesa delle anime e il giudizio finale. Questa è la parola rivolta dal Re a quanti ha chiamato ad una risurrezione di vita: “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34).
Siamo di fronte al gran mosaico in stile bizantino sulla controfacciata dell’antica cattedrale di Torcello, nella laguna veneziana. Non molto lontano si trova l’isola di San Francesco del Deserto, dove, come Gioventù Domenicana di Sant’Alberto Magno di Venezia, siamo stati ospitati nei giorni 29 aprile – 1 maggio. Durante questo fine settimana abbiamo condiviso diversi momenti con la comunità locale di frati francescani e con altri ospiti, soprattutto per quanto riguarda la celebrazione della Liturgia delle ore.
Nel pomeriggio di sabato, dopo aver fatto conoscenza del luogo e delle sue principali coordinate storiche, ci siamo raccolti per un momento di liturgia penitenziale.
Grazie a del tempo per l’esame di coscienza personale, all’ascolto della Parola e agli interventi di fra Massimo Mancini abbiamo potuto riflettere su come la ferita del peccato, ma non di meno la gioia del perdono, coinvolgano le singole comunità dei fedeli e in ultima misura la Chiesa intera.
La Chiesa universale, nei suoi tre grandi rami (militante, purgante e trionfante) forma un unico corpo mistico, di cui Cristo è il capo. Questa unione è reale come l’unione delle varie membra in un organismo vivente, di modo che se un membro è malato è l’intero corpo a soffrirne. Il peccato è sostanzialmente un’egoistica opzione di scelta contraria alla volontà di Dio, che da sempre invece ci chiama a condividere nella conoscenza e nell’amore la Sua vita e non si stanca per questo di offrirci il Suo perdono.
Dopo la Santa Messa abbiamo vissuto in serata una veglia in preparazione alla domenica. La visione di un recente documentario sull’ Ordine dei predicatori ci ha inoltre permesso di approfondire la conoscenza di alcuni tratti della sua storia, del carisma e della missione di cui è portatore ma anche dello stile di vita voluto da S. Domenico per i suoi frati.
La domenica mattina ci è stato proposto di esaminare la preghiera eucaristica nelle diverse varianti presenti nel rito romano. E’ stata un’occasione per riscoprire la profondità di questa preghiera centrale della celebrazione e il suo carattere essenzialmente comunitario, nonché il significato dei gesti liturgici. La liturgia si svolge infatti anche attraverso i gesti delle mani, le posizioni del corpo e la direzione degli sguardi, che intrecciandosi con le parole ed i canti riuniscono in un tutt’uno il sacrificio di lode.
Prima della partenza Marco, che sta vivendo il tempo del prenoviziato nel convento domenicano di S. Maria delle Grazie a Milano, ci ha fatto dono della sua testimonianza e non ha esitato a rispondere alle nostre numerose domande, dettate dall’interesse verso una scelta così carica di significato e bellezza. Abbiamo concluso questo fine settimana con una preghiera a S. Domenico che è qui riportata:
O luce della Chiesa, maestro di verità,
rosa di pazienza, avorio di castità,
tu hai effuso gratuitamente
l’acqua della sapienza:
predicatore della grazia,
unisci la nostra vita ai beati del cielo.
Amen
Ritorna alla mente il mosaico della cattedrale: emerge su tutto la meta ultima dei rinati in Cristo, la visione beatifica di Dio in Paradiso.
Un sentito ringraziamento è rivolto a fra Massimo Mancini, che ci ha guidati in questa esperienza di maturazione e formazione, personale e di gruppo e alla comunità di S. Francesco del Deserto che ci ha accolti con estrema cordialità.
Federico