di fra Enrico Arata
Si parla di spiritualità monastica, francescana, ignaziana… Legati a un movimento, a un gruppo, a una persona sono fioriti e continuano a fiorire dei modi di pregare, dei modi particolari di vivere il vangelo che danno un’impronta specifica alla vita cristiana vissuta da quelle persone lì e che magari diventano attraenti e fanno scuola per altre persone che li sentono consonare con la propria personalità e le proprie attitudini. Questo, molto genericamente, chiamiamo spiritualità ed è quindi ovvio che esista una spiritualità domenicana: un modo particolare di vivere la vita buona del vangelo che guarda e si ispira a san Domenico e ai suoi figli e figlie, alla storia e alle leggi (ossia al modo di vivere) dell’Ordine dei Predicatori.
Forse pochi pensano che esiste altresì una spiritualità “scout”, ma chiunque abbia preso un poco sul serio, da ragazzo e poi magari anche da adulto, l’appartenenza a quel movimento fondato più di cento anni fa da Baden-Powell e diffusosi presto in tutto il mondo, lo sa benissimo, anche se magari non ci ha mai pensato in questi termini. E lo sa anche chi, senza essere scout, ha incontrato in modo non superficiale un gruppo di quei “bambini vestiti da cretini guidati da cretini vestiti da bambini” –come falsamente li definiva un vero cretino – e si è facilmente reso conto del loro stile particolare: lo “stile scout”, appunto. Scrivo queste cose perché la mia vita scout ha compiuto cinquant’anni e fra pochi mesi celebrerò il cinquantesimo della mia promessa (i miei voti religiosi di anni ne hanno ormai trentuno e io ne ho cinquantasette). Amo dire, con un certo compiacimento, che sono domenicano perché sono scout. E i miei confratelli bonariamente e un po’ malignamente dicono che si vede!
Nella mia comunità siamo due frati scout, tanti ce ne sono in altri conventi e tanti per qualche tempo hanno fatto l’assistente al gruppo scout che si appoggiava all’una o all’altra delle nostre case. L’attuale assistente generale dell’AGESCI (l’associazione delle guide e degli scout cattolici italiani) è un frate domenicano e sarebbe lungo l’elenco dei domenicani italiani (per non parlare dell’estero) che hanno lasciato un vivo ricordo tra gli scout in mezzo ai quali hanno svolto il loro ministero (che in scoutese si chiama “servizio”), primo fra tutti il cofondatore del guidismo italiano, il padre Agostino Ruggi d’Aragona (1900-1986).
Qualcuno potrebbe pensare che i lupetti, la vita da esploratore, il campeggio fai da te, la strada faticosa fatta in essenzialità siano cose che ricordano più san Francesco… si pensa al Domenicano come all’intellettuale un poco astratto dalla vita concreta, attento più alle idee che ai boschi, ai dogmi più che alle montagne e alla fatica del cammino. Non è così: qualunque figlio di san Domenico sa bene che la sua vita di frate è una “strada di libertà” che porta ognuno a dare il meglio di sé sviluppando la propria originalità e mettendola al servizio della missione dell’Ordine, in uno spirito di autentica essenzialità e di costante itineranza. Inoltre questo avviene in un organismo comunitario che chiede coinvolgimento, partecipazione e responsabilità ad ogni livello. Tutte cose che nello scoutismo si imparano, a poco a poco ma fin da subito. Lo scautismo è una “strada di libertà” (une route de liberté, come diceva il titolo di un libro di un altro grande domeniscout, il padre M.D. Forestier) in cui si impara a “guidare da soli la propria canoa” mettendosi al tempo stesso al servizio gli uni degli altri, in un ambiente in cui ci si autoeduca in pari dignità: ognuno ha il suo ruolo e la voce di ognuno è importante allo stesso modo.
[Per i preti, soprattutto quelli secolari, abituati ad essere per la propria comunità parrocchiale la guida indiscussa e il detentore dell’ultima parola su ogni questione, la vita scout è un ottimo antidoto e una palestra di comunità: si è davvero e sempre tra pari, pur nella diversità dei ruoli. Non credo ci sia in ambito cattolico ambiente meno clericale dello scoutismo e forse è per questo che molti preti ci guardano con diffidenza: non riescono a farci fare sempre quello che vogliono e non sono proprio abituati ad essere considerati come gli altri!].
E così, per me come altri, è stato quasi connaturale, conosciuto qualche frate domenicano nella mia vita di scout, pensare che fra di loro avrei ritrovato qualcosa che già mi era diventato caro: il gusto per la libertà, l’autonomia in una vera fraternità, uno sguardo sempre positivo su se stessi e sulla realtà (c’è sempre almeno un cinque per cento di buono da cui partire, diceva Baden Powell), la fiduciosa consapevolezza che l’azione della grazia perfeziona una natura già in se capace di accoglierla… Noi scout saremmo piaciuti molto a san Tommaso, anch’egli impegnato (eccome! e anche fisicamente, visti i suoi continui spostamenti a piedi) a percorrere e a costruire per gli altri una “strada di libertà” che porti senza forzature mortificanti alla felicità dell’incontro con Dio.