Nell’autunno del 1376, rientrando in Italia da Avignone dove era riuscita a convincere il papa Gregorio XI a ritornare a Roma, Caterina da Siena si ferma per un mese a Genova, in casa della nobildonna Orietta Scotto. Questo soggiorno – a parte la bella lettera indirizzata dalla santa alla sua ospite – non ha lasciato particolare segno nel capoluogo ligure: soltanto una piccola e annerita lapide in via di Canneto il Lungo lo ricorda.
Pochi giorni prima di arrivare a Genova, dal 3 al 5 ottobre, Caterina si era fermata a Varazze. Il motivo è ignoto e non si può certo pensare che abbia fatto una sosta lungo il cammino dal momento che all’epoca nessuna strada percorreva la riviera ligure da un capo all’altro e i trasporti avvenivano soltanto via mare. Caterina quindi sbarca a Varazze molto probabilmente perché così ha espressamente voluto: forse per rendere omaggio al paese di cui era originario il beato Jacopo da Varazze, il domenicano arcivescovo di Genova (1228-1298), autore di uno dei libri più stampati di tutti i tempi, la celebre Legenda Aurea; o forse così aveva disposto lo Spirito del Signore…
Il piccolo borgo marinaro è devastato dalla pestilenza. Caterina prega perché la popolazione varazzina sia risparmiata da questo flagello e dopo poco tempo l’epidemia scompare né mai più, nei secoli, ci sarà peste a Varazze. Andandosene il mattino del 5 ottobre, diretta a Genova, Caterina raccomanda che si costruisca una chiesa in onore della Trinità e auspica la fondazione di un convento domenicano. Il primo desiderio è subito esaudito e già dall’anno seguente è edificata una piccola cappella che poi diventerà l’attuale santuario della santa senese a Varazze; un po’ dopo, nel 1419, grazie al lascito di un benefattore, si costruiscono chiesa e convento dei frati domenicani.
Il brevissimo soggiorno di santa Caterina lascia una traccia indelebile nel cuore dei varazzini, e non solo perché si accorgono di essere da allora miracolosamente e per sempre immuni dalle pestilenze. Così nel 1461, quando Caterina viene canonizzata, subito la comunità di Varazze richiede alla Santa Sede di poter cambiare patrono e la santa senese prende il posto di sant’Ambrogio come celeste protettrice della cittadina. Cittadina che, contrariamente a quanto si può pensare della ritrosia dei liguri, venera la sua santa con un fervore piuttosto meridionale, dati il coinvolgimento e l’entusiasmo della popolazione tutta nel festeggiare, ricordare, celebrare e addirittura soltanto nominare santa Caterina. Il 30 aprile (un giorno dopo che tutta Italia ha ricordato la sua patrona), tocca a Varazze di festeggiare solennemente, e lo si fa alla grande: la processione è davvero imponente, si snoda per chilometri e dura parecchie ore coinvolgendo ogni abitante nella preghiera e nel ringraziamento alla “sua” santa. Neanche a Siena si può assistere a simile manifestazione di devozione che, per un santa certo non molto “pop” come Caterina, davvero colpisce.
E così, in questo luogo così “domenicanizzato” dal ricordo del beato Jacopo (al cui nome è intitolato un centro culturale che promuove lo studio della sue opere nel mondo intero) e dalla vigile e materna protezione di santa Caterina (anche qui fioriscono i “Caterinati”, ferventi e appassionati cultori dell’opera della santa “dottore della chiesa”) non può certo mancare la presenza dei frati. Sei secoli giusti giusti sono ormai trascorsi, sei secoli in cui un piccolo gruppetto di figli di san Domenico ha continuato a lavorare perché la conoscenza e l’amore del Signore diventassero sempre più il centro della vita dei varazzini e di quanti qui vengono a soggiornare. Progressivamente la storia ha chiuso i grandi conventi domenicani genovesi e gli altri della Liguria; la presenza dei frati continua a Varazze, come sempre piccola di numero ma ben attiva: la chiesa è sempre aperta e molto frequentata, soprattutto per il sacramento della riconciliazione, il chiostro accoglie conferenze e altre manifestazioni culturali, i frati si prestano disponibili alle varie necessità pastorali della zona.
Si mangia bene, nel convento di Varazze, e c’è sempre molto cibo: per i frati, per gli ospiti numerosi che sono sempre bene accolti, e per chi chiede da mangiare e lo ottiene solo qui, nella zona. Silenziosamente, senza avere né una mensa attrezzata né strutture particolari, senza il coinvolgimento di operatori e di volontari, i frati di Varazze danno da mangiare ai poveri. Basta suonare il campanello del convento per essere accolti con un sorriso e ricevere quello che anche la comunità ha appena mangiato. Senza rumore, la grande opera di accoglienza, di soccorso e di guarigione dell’infaticabile santa Caterina continua con i suoi confratelli.
fra Enrico Arata