Cristo Gesù il Signore della vita
29 marzo 2020
LETTURE: Ez 37,12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45
Oggi le letture sono perfettamente coordinate. Quanto alla prima, letteralmente si riferisce alla ricostituzione del popolo di Israele dopo l’esilio, ma, a prescindere dalla vivezza delle immagini usate, l’essere collegata come “profezia” a un vangelo che parla di risurrezione personale, permette di cogliere il futuro della salvezza e dunque l’interpretazione piena del testo in questo senso. A sua volta proietta sul vangelo una dimensione collettiva evitando di ridurlo a una replica di tante risurrezioni personali. Il titolo «Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete», unito al titolo della seconda lettura, anticipa e conferma il ruolo dello Spirito Santo nella risurrezione.
Il titolo della seconda lettura è appunto: «Lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi». La presenza dello Spirito si oppone al «dominio della carne» (v. 9) e Dio – il Padre – che ha risuscitato Gesù risusciterà anche quanti gli appartengono per mezzo dello Spirito: è una profonda affermazione trinitaria (v. 11), che in un certo senso completa il vangelo.
Il vangelo è interpretato dal titolo «Io sono la risurrezione e la vita», che ne è l’affermazione più importante. Per il resto cf alcune annotazioni in seguito.
Evitiamo la forma breve per la proclamazione del vangelo. Dal punto di vista strutturale, con la forma breve si perdono preziosi accenni alle due sorelle e l’azione viene drasticamente raccorciata, per cui quando Gesù «si commosse profondamente» (v. 33), la commozione appare all’improvviso, mentre nell’originale segue al pianto dei giudei e di Maria come la conclusione di un “crescendo”, nella forma breve non percepibile. Ciò che ha da essere breve è l’omelia, ma più l’omelia ha da essere breve, più esige di essere preparata con cura.
Il messaggio fondamentale è nel v. 25 del vangelo: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». Notare che Gesù dice non solo di essere la vita, ma la stessa risurrezione. Alla luce di questa affermazione fondamentale ed assoluta, il v. 43 quando Gesù «gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori!» va ben oltre la “cronaca” del miracolo, ma allude alla risurrezione dei credenti in Cristo e dunque anche alla futura risurrezione di chi tiene l’omelia e di chi la sta ascoltando.
La liturgia pone due interpretazioni o contesti d’insieme al cui interno leggere il tutto e che non risultano immediatamente dal vangelo. Uno è il riferimento all’azione dello Spirito nella risurrezione, già evidenziato nelle letture. Il secondo è la “lettura sacramentale” avviata dal prefazio che, ricordato il miracolo, prosegue spiegando che oggi Cristo «estende a tutta l’umanità la sua misericordia e con i suoi sacramenti ci fa passare dalla morte alla vita». Il concetto ritorna nell’eucologia del RICA 177-178, pregando il Signore Gesù per gli eletti «che cercano la vita nei suoi sacramenti». È questa lettura sacramentale che rende i presenti non solo uditori di parole ma immersi nella realtà alla quale le parole rimandano e tale immersione avviene non per qualche rito esoterico, ma nella pratica dei sacramenti e dunque qui e adesso.
La fede gioca un ruolo fondamentale. Nel già citato v. 5 vita e risurrezione sono legate a “chi crede in me”; rivolto ai discepoli, Gesù dice che lo scopo del miracolo è «affinché voi crediate» (v. 15) e per tutti è «perché credano che tu mi hai mandato» (v. 42); Marta si sente interpellare con «Credi questo? … Non ti ho detto che se crederai…» (vv. 5.40) ed emette un meraviglioso atto di fede: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo» (v. 27) (riscattandosi per sempre dall’immagine di una che non sa andare oltre le faccende di casa!). La stessa fede è richiesta ai presenti, in quanto l’esperienza del declino fisico e della morte sono ineliminabili.
Gesù agisce tra amici: era di casa a Betania, voleva molto bene a Marta, Maria e Lazzaro, si commuove e scoppia in pianto. Di più: dal particolare che Maria aveva usato un olio profumato per asciugargli i piedi (v. 2), se ne deduce fossero tutti un poco benestanti… e Gesù, venuto per i poveri, non aveva problemi a frequentarli! Più che con la samaritana e il cieco nato, qui l’inserimento umano di Gesù è totale: non c’è solo la misericordia e l’onnipotenza, ma anche l’affetto, l’amicizia, la frequentazione ecc. È significativo che in questo contesto Gesù compia il suo più grande miracolo. Gesù Cristo è lo stesso oggi con noi. Ma è possibile annunciare Cristo risurrezione e vita senza rapportarsi così con gli altri?
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