Intervista con fra Timothy Radcliffe, del convento domenicano di Oxford, già Maestro dell’Ordine dei Predicatori dal 1992 al 2001. È apprezzato conferenzieri e autore di molti libri originati dalla sua esperienza di vita religiosa

C’è molto fanatismo religioso nel mondo d’oggi. Come mai?
C’è molto fondamentalismo e ci sono molte forme di fondamentalismo. La forma originaria era il fondamentalismo scientifico, alla metà del XIX secolo. La reazione a questo tipo di fondamentalismo fu il fondamentalismo cristiano, negli Stati Uniti del Sud. Adesso abbiamo un problema enorme con il fondamentalismo religioso: cristiano, buddista, hindu, islamico… È una caratteristica della modernità quella di tendere al fondamentalismo, a slogan e a risposte semplici.

Ma come mai lungo i secoli ci sono state tante guerre di religione?
L’umanità ha una storia di guerre, e se c’è una guerra usi tutto quello che puoi per vincerla. Ti servi del nazionalismo, ti servi della religione. Non sono sicuro che sia giusto vedere nella religione la causa della guerra. Gli uomini hanno avuto per migliaia di anni una cultura violenta e hanno usato la religione per promuoverla e per giustificarla.

La violenza non è stata piuttosto usata per convertire i popoli alla religione?
La religione è una parte così importante di una data cultura che si tratta piuttosto di imporre una cultura con la religione che ne è parte. Ma si possono vedere anche rivolte contro questa imposizione. Mi piace molto il frate domenicano Bartolomé de las Casas che si ribellò apertamente contro la schiavitù mentre i conquistadores occupavano Hispaniola: “nessuna conquista di questo popolo è giustificata, né in nome della religione né in qualunque altro nome”. Ammetto che c’è stata molta violenza dispiegata in nome della religione, ma ci sono anche state sempre persone religiose che hanno resistito alla violenza. Il mio amico Rabbi Jonathan Sacks ha scritto recentemente uno splendido libro, Non in nome di Dio: un confronto sulla violenza religiosa, in cui fa vedere come nell’Antico Testamento ci sia molta violenza ma anche il tentativo di andare oltre, di superarla. Penso che sia una raffigurazione piuttosto complessa, bisogna far attenzione alle sfumature…

Perché pensi che la gente abbia bisogno di religione e non soltanto di spiritualità?
Gli esseri umani si interrogano sul senso ultimo della loro vita: vogliamo sapere, mentre che siamo qui, che cosa ci stiamo a fare. E questa è una ricerca di senso che non puoi fare da solo, devi farla con gli altri. La religione è cercare di vedere come insieme, comunitariamente possiamo cercare il senso della vita. Se sei un Cristiano, sai che Gesù ci raduna in comunità per condividere un pasto con lui. Anche nel Giudaismo puoi vedere un ruolo fondamentale della comunità, dalla celebrazione della Pasqua al radunarsi per pregare insieme. Nell’Islam ha un ruolo fondamentale il concetto di ummah, la comunità dei credenti sparsa nel mondo. Noi umani non siamo solo individui, siamo esseri sociali che scoprono il loro senso nella relazione con gli altri; pertanto abbiamo bisogno di radunarci in chiese, in sinagoghe e i moschee, tutti insieme.

Cosa è una religione?
C’è un senso ultimo per le nostre esistenze? Sappiamo che l’universo è nato 13,5 miliardi di anni fa. Conoscevo un uomo di nome John Rae. Era preside alla Westminster School e ogni giorno presiedeva i vespri all’abbazia di Westminster e per tutta la vita si è domandato:”Credo oppure no?”. Era la sua domanda capitale. Così ha chiesto a sei Cristiani –perché era di origini cristiane- e a sei atei di incontrarlo per parlare con ognuno per un paio d’ore. Siamo diventati amici e mi ha detto che in fin dei conti la domanda era: “Se amo mia moglie e i miei figli, c’è lì qualche significato più profondo? Oppure è solo un’emozione passeggera? Si tratta solo di un sentimento privo di vera importanza prima della nostra morte oppure quando amiamo il prossimo scopriamo qualche significato fondamentale e ultimo?” Per la mia fede, è nell’amore che ho per gli altri e nell’amore che glia hanno per me che io vedo qualche segno del senso ultimo di tutto ciò che esiste. La mia fede è questo viaggio verso il senso ultimo.

I veri credenti vivono in modi spesso molto diversi. Si può imparare ad avere fede?
Sì e no. Ognuno ha fede in qualcosa. La gente crede nell’importanza dell’amore, crede nell’importanza di cercare di ragionare e di capire. Noi tutti crediamo in un mucchio di cose. La gente ha fede nella democrazia. La divisione non è fra persone che hanno la fede e persone che non l’hanno, perché tutti crediamo in qualcosa. La questione è scoprire che cosa di fondamentale è implicato nelle cose in cui crediamo. Metti un ateo, come quel mio amico John Rae, che dice “io non creo” e poi scopri che crede: crede nell’amore di sua moglie, crede nel suo amore per i figli. Quando parlo di religione dico spesso: “Forse in quello che già credi ci sono i semi di qualcosa di molto importante”. C’è chi crede in Dio e c’è chi non ci crede, ma tutti crediamo in qualcosa. Se devo parlare con qualcuno di religione comincio con chiedere in che cosa crede, che cosa li guida e poi a poco a poco si trova un linguaggio comune.

Di norma la gente vive in uno stato di dubbio permanente; dubitare e porsi domande sono segno di intelligenza. L’intelligenza ha a che fare con la fede?
Per la tradizione cattolica fede e ragione sono strettamente legate. Alla metà del XIX secolo c’è stato un grande raduno a Roma in cui fu ufficialmente dichiarato che parte della fede cattolica era credere nella ragione. La nostra fede può andare oltre la ragione, ma crediamo che non sia mai contro la ragione. Questo è il motivi per cui i Cristiani hanno fondato le università di Oxford e di Cambridge, di Parigi, di Bologna, di Madrid. La nostra fede deve essere “intelligente” a seconda dei casi: un vincitore di premio Nobel avrà certo una fede intelligente, una persona semplice e per nulla intellettuale avrà una fede semplice. La fede cerca di capire il senso ultimo del perché siamo qui, usando tutta la nostra intelligenza. Si dice che Tommaso d’Aquino, un Domenicano del mio Ordine, è il più grande filosofo dell’Occidente. Filosofia, letteralmente, è amore per la sapienza e sana religione è sapiente. Ritengo che l’intelligenza sia un grande dono, come anche l’intelligenza artistica…

Pensi che tutte le religioni siano un mezzo per raggiungere lo stesso scopo?
Si, sarei felice di poter dirlo, ma lo scopo è al di là di ogni nostra conoscenza. Tommaso d’Aquino diceva: “In questo mondo siamo uniti a Dio come a uno sconosciuto”. C’è il fondamentalismo religioso quando i credenti perdono ogni umiltà e dicono: “Io ce l’ho. Io ho la verità”. Siamo tutti sulla via verso l’unica verità. Alla fine troveremo piena felicità e piena libertà, e questo già comincia. La gente parla di questa vita e dell’altra vita. Penso che sia un modo di parlare che non aiuta. C’è la vita eterna e la vita eterna comincia qui. Se amiamo qualcuno la vita eterna è già cominciata. Quando moriamo entriamo nel pieno mistero di quell’amore che già abbiamo sperimentato. Non è come prendere il treno da Oxford a Londra, morire e andare da qualche altra parte. Già ora. Questo è quello che Giovanni ci dice nel Nuovo Testamento: già ora, se amiamo, la vita eterna comincia, magari in maniera impercettibile.

Il Cattolicesimo oggi è una religione sana?
Sono un grande estimatore di papa Francesco. Che sta facendo cose meravigliose. Sta davvero spingendo avanti la Chiesa in un modo più rilassato, meno centralizzato. Alcune persone fanno resistenza, in modo particolare dei vecchi cardinali, ma penso che Francesco ci sita guidando per la strada giusta, con libertà e spontaneità. E sta raggiungendo ogni tipo di comunità.

La fede cristiana è ricerca di pace interiore?
È una domanda cruciale. Tutti viviamo vite complesse, attraversiamo crisi, conflitti e delusioni. La cosa fondamentale è se abbiamo tranquillità in noi stessi. Gesù disse: “Vi do la mia pace, non come la dà il mondo: vi do la mia pace”. Al centro delle nostre vite ci deve essere questa specie di pace interiore.

Si può acquisire la pace interiore con l’esercizio?
C’è bisogno di una giusta posizione, di una giusta respirazione, di silenzio. Penso che il silenzio sia davvero importante. In Israele è stata fondata una comunità, un luogo di pace, che è a metà strada tra un kibbutz giudeo, un villaggio musulmano e uno cristiano. Lo abbiamo costruito nel 1968 quando ero un giovane studente e al centro c’è quella che io chiamo “la casa del silenzio”. In questo modo tutte e tre le religioni possono riunirsi insieme nel silenzio. Questa è la comunione. Doveva essere una comunità giudeo-cristiano-musulmana. Con il nostro modo di vivere dobbiamo avere come minimo una mezz’ora al giorno di silenzio. La prima cosa che devi fare al mattino.

Come la religione aiuta vivere?
Io non sono religioso perché questo mi aiuta. sono religioso perché credo che sia vero, perché penso che sia un verità meravigliosa che è il più profondo significato dell’essere vivi. Penso che ogni religione sia un invito alla vita. Mosè ha detto: “Metto davanti a te la vita e la morte. Scegli la vita”. Se è sana, ogni religione è per scegliere di essere vivi, pienamente e profondamente vivi.

Quando hai deciso di diventare frate?
Quando ero a scuola ero uno dei più indisciplinati. Ero sempre a fumare fra i cespugli o a cercare di trovare la strada per il pub più vicino e non ero certo interessato alla religione. Quando ho lasciato la scuola diventai amico di gente che non era religiosa e che mi diceva: “Non è vero niente!”. Per me tutto è cominciato con questa domanda: “C’è qualcosa di vero?”. Avevo un idea molto ingenua della verità, ma mi eccitava. “C’è qualcosa di vero?”. Così leggevo filosofia e comincia anche a leggere un po’ di teologia e diventai Domenicano perché il motto dei Domenicani è “Veritas”. Spero una verità umile, ma Verità. Sono entrato nell’Ordine per prima cosa per curiosità intellettuale. Volevo pensare, volevo studiare. Nessun argomento di conversazione è proibito. Alla fine mi sono completamente arreso perché mi sembrava che i miei confratelli fossero gloriosamente felici e che vivessero davvero. E così mi sono detto: “questa sì che è vita!”.

Hai fatto tre voti, di povertà, castità e obbedienza. Qual è il senso della castità?
Il voto di castità ha senso solo se ti libera per amare molta gente. Se ti impedisce di amare è distruttivo. Ho sempre detto ai confratelli quando sono giovani e si domandano “come possiamo farcela?” che se la castità impedisce loro di amare, allora lascino l’Ordine, non ci rimangano perché devono avere un cuore. Questa vocazione è autentica se aiuta a essere amante e amabile, a essere libero.

Con il voto di povertà hai rinunciato a tutto quello che avevi?
Sì, ma tu condividi i tuoi beni perché tutto appartiene alla comunità. Nel nostro caso l’unica eccezione sono i libri, perché noi studiamo molto e ognuno ha i suoi libri, ma nessuno ha una macchina privata o il suo mobilio. La povertà ha a che fare con la semplicità, non con l’essere povero ma con l’avere una vita semplice, così da non essere imprigionato da ciò che possiedi.

Il terzo voto è l’obbedienza. A chi devi obbedire?
Alla comunità. la maggior parte delle decisioni sono prese da tutti i frati, non si tratta di un’obbedienza cieca. L’intero processo comincia con la discussione: se la comunità dei Domenicani di Gran Bretagna mi dice: “Vogliamo che tu vada in Cornovaglia”, io posso dire: “Perché? Discutiamone. È davvero una buona idea?”. La parola obbedienza deriva dal latino ob-audire, che significa ascoltare profondamente. Il Giudaismo ha un senso profondo dell’obbedienza come ascolto.

Come annunci la fede?
La prima cosa da fare è impegnarsi con persone creative. Diffondiamo di più la fede conversando con persone dotate: i musicisti, i poeti, gli artisti, i registi. Se ci impegniamo con loro condivideremo ciò che noi crediamo ed essi condivideranno ciò che credono loro. Penso ci sia un profondo legame tra creatività e pensiero religioso. Uno splendido Domenicano di nome Marie-Alain Couturier fondò una rivista, Le sacré, all’inizio del XX secolo. Quando c’era da costruire una chiesa prese Le Corbusier per progettare Notre Dame du Haut. Le Corbusier non era cattolico, ma Couturier disse: “Non ha importanza. È l’architetto migliore”. E coinvolse Geoges Braque e ogni sorta di gente partecipare al progetto.

È così che la religione può ritornare in Europa?
Penso che ci siano due grandi strade. Una è attraverso questa sorta di impegno creativo e artistico. L’altra è attraverso il contatto con i più poveri. Dovremmo essere le persone che si ricordano dei più poveri e lavorano con loro offrendo ospedali, cure mediche e sviluppo. Metà degli ospedali in Africa sono diretti dalla Chiesa.

Qual è la tua idea di modernità?
Penso che la modernità sia complessa. Offre molte benedizioni: io non sari vivo se non fosse per la scienza moderna e la moderna medicina e amo gli astrofisici, m allo stesso tempo la modernità è un po’ stretta, un po’ con i paraocchi.

Non credi che il mondo moderno abbia bisogno di una religione moderna?
Penso che dobbiamo andare oltre il pensare che la santità sia per prima cosa osservare delle regole. La santità riguarda la vita e le virtù, vuol dire diventare virtuosi e forti. Non penso che ci sarà una nuova religione, perché le vecchie religioni diventano nuove.

Pensi che ci saranno cambiamenti all’interno delle religioni tradizionali?
Preghiamo per l’amicizia tra le religioni, non suscitiamo rivalità. Papa Francesco ha una bella citazione di sant’Ireneo, nel II secolo, che dice:”Cristo viene a noi nella novità”. Se guardi le diverse religioni sono sempre in evoluzione, sempre in adattamento, stanno sempre diventando nuove. A volte in maniera negativa: il fondamentalismo islamico e una forma di novità molto negativa, ma c’è sempre evoluzione, sempre cambiamento.