Istanbul è un mare di tetti bianchi di cui non si vede la fine. I minareti sono le onde che dall’alto si vedono infrangere la superficie di una metropoli di 15 milioni di abitanti. La prima impressione, arrivando in Turchia, è fortissima. Non è solo il fascino di Istanbul, la sola città al mondo che abbraccia due continenti, che è stata conosciuta nel mondo anche come Bisanzio o Costantinopoli, ma anche quello di una terra che ha visto il sorgere di alcune delle prime chiese, i viaggi missionari di san Paolo e i primi concili che hanno definito la fede cristiana e in cui le grandi difficoltà si traducono quasi naturalmente in altrettanto grandi possibilità, di presenza di ascolto e di dialogo. Con molta gioia e curiosità, avendo avuto la possibilità di un breve viaggio, sono partito cercando di non portare con me delle idee preconfezionate, ma tendendo gli occhi e il cuore aperti alla meraviglia e all’incontro. Certamente non sono rimasto deluso.
La prima tappa è stata Istanbul: dopo l’atterraggio all’Atatürk, abbiamo raggiunto la nostra casa che si trova a pochi passi dalla torre di Galata, un’eredità della presenza genovese, che si trova a mezza collina e che si scorge distintamente dalle rive del mare di Marmara. Qui i Domenicani sono arrivati nel XIII secolo, quasi all’inizio della storia dell’Ordine. Nella nostra chiesa, dedicata ai santi Pietro e Paolo, abbiamo celebrato la festa della Traslazione del santo padre Domenico con la messa celebrata dal vescovo di Istanbul, ma abbiamo avuto anche l’occasione di vedere la monumentale Santa Sofia ricca di mosaici, fra i quali quello della Madonna in trono, la moschea blu, una delle più grandi di Istanbul, il maestoso Topkapi, una volta residenza del sultano e il gran bazar, un dedalo quasi inestricabile di suoni, voci, colori e poi il Bosforo, attraversato dai grandi ponti.
Ad un’ora di volo, ecco Smirne, dove c’è un’altra casa domenicana e la parrocchia del Santo Rosario, nonché la sede della diocesi retta dal padre Lorenzo Piretto. Per arrivarci abbiamo viaggiato verso sud ovest, lasciato il mare di Marmara per arrivare sulle rive dell’Egeo. Smrine è una città più piccola, si fa per dire visto che ha oltre quattro milioni di abitanti, ma altrettanto dinamica. Anche qui, nella nostra casa che si trova nel quartiere di Alsancak, siamo stati accolti con calore e affetto: davvero essere un frate domenicano vuol dire anche sentirsi a casa sotto qualunque cielo. Qui la presenza dei predicatori è molto più recente, risale ai primi anni del ‘700. Un secolo dopo arrivarono i primi frati italiani. Ai primi del ‘900 fu costruita l’attuale chiesa dedicata alla Madonna del Santo Rosario, dove è conservata, oltre alla memoria di san Policarpo, vescovo, martire e patrono della città anche la punta della lancia, che, secondo un’antica tradizione, ha trafitto il costato di Gesù in croce. Da qui si può raggiungere Efeso, camminare nel teatro che ha visto la predicazione di san Paolo, dove hanno camminato Pietro, Marco, Luca, Giovanni e altri apostoli, nella basilica, che ora si trova in un’ampia area archeologica, dove fu dichiarato il dogma della divina maternità di Maria e in quella dove si trova la sepoltura di San Giovanni. Presto, molto presto, è arrivato il momento di ripartire, in tasca qualche lira turca, in valigia qualche ricordo per i parenti, nel cuore il desiderio di tornare.