Il fuoco dello Spirito”

9 giugno 2019

LETTURE: At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26

La prima lettura di questa solennità, uguale per tutti e tre i cicli festivi, riporta il celeberrimo episodio degli apostoli riuniti nel cenacolo che vengono investiti dal fuoco dello Spirito. Si accendono carismi insospettati prima, simboleggiati dal dono delle lingue: la molteplicità dei carismi sorprendentemente ricostruisce la capacità di comprendersi, quella armonia fra gli uomini che il peccato aveva scompaginato e infranto.

La seconda lettura ed il vangelo sono invece proprie di quest’anno. Il brano della lettera ai Romani è tratto dal capitolo ottavo, dove Paolo tratta della vita nello Spirito. È grazie allo Spirito che ci è dato di poter vivere in noi la vita stessa del Signore Gesù e di poterci riconoscere ed essere realmente “figli nel Figlio” e con il Figlio chiamare il Padre con le sue stesse parole: “Abbà”. Il vangelo, infine, è tratto dal capitolo quattordicesimo del vangelo di Giovanni, in parte già letto nella VI domenica di Pasqua. Appartiene al lungo discorso con cui Gesù prende commiato, nell’ultima sera trascorsa con loro, dai suoi discepoli riuniti intorno a lui nel cenacolo. In questo “testamento” per ben cinque volte Gesù promette ai suoi amici l’invio dello Spirito, affinché rimanga con loro per sempre, ricordi loro il suo insegnamento, dia testimonianza di lui, dimostri “la colpa del mondo” e infine li guidi alla verità tutta intera, annunciando le cose future e glorificandolo. Tutto questo avviene nella partecipazione all’intimità divina, trinitaria, resa possibile per gli amici di Gesù dalla sua morte e dalla sua resurrezione e di questa partecipazione lo Spirito è, per così dire, l’animatore.

Le tre letture bibliche sono accompagnate dal salmo 103, che canta lo spirito di Dio, il suo respiro che pervade e vivifica ogni cosa esistente, e dall’antica sequenza Veni Sancte Spiritus che invoca poeticamente il “consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima” affinché trasformi la vita dei fedeli con la sua forza e i suoi santi doni.

Lo Spirito, ci dice la lettura del libro degli Atti, “apparve come lingue di fuoco”. Il fuoco dello Spirito, una fiamma che incendia il cuore e lo fa ardere di sete inestinguibile. Fuoco che mai si spegne, fiamma d’amore che si alimenta del suo stesso soffio e che nessuna acqua può spegnere. Bruciare di santa irrequietezza e non trovar pace finché tutto non è incendiato a sua volta da questo fuoco che ci consuma … A quanta effusione lirica si è prestato il simbolismo del fuoco, ed è inutile qui tentare anche solo sommariamente di ripercorrerne le tracce, a partire dalla Bibbia fino all’ultima letteratura mistica cristiana. Il desiderio di Dio, l’amore per lui, il sentir bruciare un desiderio che non si può spegnere, la fiamma di carità che arde e illumina, hanno costituito un armamentario simbolico, immaginifico, espressivo, con cui si è cercato di dare voce a qualcosa di altrimenti difficilmente esprimibile: l’esperienza dello Spirito, appunto, che proprio per sua natura sfugge all’esperienza diretta e a una rigida concettualizzazione sì da poter essere solo balbettata, allusa, paradossalmente espressa dal non detto, nell’intuizione poetica. Accesi dal fuoco dello Spirito, ci possiamo avvicinare alle cose di Dio e sentire che questo fuoco arde sempre più e accorgerci che non siamo consumati, ma sempre più accesi … A poco a poco, iniziamo a comprendere. “Non ardeva forse il cuore nel nostro petto mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”(Lc 24,32).

Discepoli di Gesù, siamo chiamati ad essere operatori di misericordia, forma umana di un amore pieno di tenerezza che giunge al dono totale di sé affinché l’altro possa vivere. Ma la misericordia è possibile per noi solo grazie all’azione dello Spirito. È lo Spirito che accende in noi il fuoco dell’amore, e questo amore, che partecipa dell’amore divino, è amore di compassione, di simpatia, di intima commozione per il bisogno dell’altro. È sentire dentro un ardore che non ha tregua finché al bisogno dell’altro non si è trovata risposta. Lo Spirito di Dio rende possibile in noi quello che , lasciati soli, ci sarebbe impossibile: avere in noi gli stessi sentimenti di Cristo e poter così aver parte con lui all’effusione della misericordia del Padre. Non solo, ma il fuoco dello Spirito, illuminandoci dal di dentro, ci dona la consapevolezza di essere a nostra volta oggetto di misericordia, di compassione e di solidarietà da parte di un Dio che ci ama teneramente anche attraverso le persone che abbiamo vicine.

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