Omelia di fra Bruno Cadoré, Maestro dell’Ordine, per la Solennità del Corpus Domini a conclusione della visita alla Provincia di San Domenico in Italia

Fratelli è sorelle è una gioia profonda per me celebrare con voi, in famiglia con Domenico e i frati della Provincia di San Domenico in Italia, la solennità del Corpus Domini. Voglio ringraziare i frati per la loro predicazione in questa regione, per la loro presenza che viene da san Domenico. Ringraziare per la gioia di celebrare una festa così importante per l’Ordine, che ci ricorda san Tommaso e la sua preghiera.

Penso ogni anno in questo giorno a una piccola comunità di giovani contadini in un piccolissimo villaggio di Haiti con cui preparavamo la festa, oltre trentacinque anni fa. Dovevamo fare una processione per la strade del villaggio, al tempo di una dittatura molto violenta e la milizia era ovunque presente. Un giovane aveva scritto un canto per questa processione, che diceva “Signore Gesù, ti hanno voluto chiudere nel tabernacolo. Lasciaci prenderti con noi e ti mostreremo ciò che vogliono nasconderti. Con noi vedrai le nostre povere case e la povertà della gente e la violenza che ci fanno subire”. Come potete immaginare non abbiamo potuto fare la processione fino alla fine, la milizia era presente, ma ogni volta, in questa occasione, penso a questi giovani contadini che avevano capito quello che il testo dell’Esodo ci fa intendere in questa festa. All’inizio di tutto c’è una parola di promessa: Dio è con il suo popolo, con tutto il suo popolo, come lo esprimono le dodici pietre sistemate da Mosè e il popolo invoca questo Dio di cui ha accolto la parola e i cui ordini ha promesso di eseguire. È un patto di fedeltà, di Dio verso il popolo e del popolo verso Dio, che è la sua forza e la sua protezione, la sua unità. I giovani di Haiti avevano preparato una processione dell’ alleanza e sostenendosi nelle loro fede nella fedeltà di Dio, il popolo di Dio non dubita che questo Dio si interessa a ciò che fa la realtà della sua vita, non dubita che questo Dio vuole la pace, la felicità e la libertà per il suo popolo. La fede di questi miei amici, di questo popolo di Dio, riconosce Dio con loro nella presenza viva di Gesù che offre la sua vita perché il mondo abbia la vita, perché questa vita venga nella verità che rende liberi. L’alleanza con Dio è un’alleanza di verità e di libertà.

I miei amici contadini non parlavano di questo sacrificio di cui ci parla il brano dell’Esodo, o piuttosto davano una lettura molto precisa, di questo sacrificio. Non insistono tanto sul sacrificio, ma sull’azione del sangue dell’alleanza che costituisce l’unità del popolo. Forse si può dire che riconoscono nelle loro sofferenze, inflitte dalla dittatura, qualcosa che fa loro comprendere la potenza del sacrificio di Cristo, che si identifica con loro e dà a loro la grazia di identificarsi con lui, mediatore di un’alleanza nuova che dà loro la vita. Questa fede dava loro il coraggio di resistere alla potenza e alla menzogna dei loro padroni falsi, ma faceva ancora di più: dava loro l’audacia di credere che loro, e con la forza della presenza del Cristo in mezzo a loro, erano loro stessi e con Cristo come i mediatori di questa alleanza. Volevano portare il corpo di Cristo ovunque dove soffriva e portarlo come un popolo raccolto dalla vita data da Cristo. Volevano così portare dal più profondo delle loro sofferenze e delle oscurità della loro vita la presenza e la luce dell’alleanza che Cristo rinnovava con loro. Questo piccolo gruppo di giovani contadini aveva capito che loro erano la chiesa di Cristo, il corpo di Cristo e che con lui potevano osare proclamare che Dio era fedele alla sua alleanza con il suo popolo e che loro avevano promesso fedeltà a questo Dio dell’alleanza. Da dove veniva un tale coraggio? Il vangelo di oggi ha raccontato come Gesù e i suoi discepoli, la vigilia della passione, erano radunati per celebrare la pasqua, questa festa che fa memoria della liberazione del popolo dalla mano degli Egiziani, che fa memoria dell’alleanza con Dio. Facendo memoria di questa liberazione, ogni anno le famiglie si riunivano per raccontare nuovamente questa liberazione, per affermare la loro fede nella fedeltà di questo Dio della liberazione e proclamare la loro speranza nella venuta di un inviato di Dio che negli ultimi tempi verrà a compiere in pienezza l’alleanza promessa.

In questo giorno, dice il vangelo, i discepoli sono riuniti alla tavola di questa celebrazione della memoria dell’alleanza insieme a Gesù, il loro maestro, e quando lui pronuncia la benedizione sul pane e lo distribuisce in segno della venuta di questo Messia, dice loro: ”Sono io, questo pane è il mio corpo”; e quando fa passare il calice che significa precisamente il compimento dell’unità di tutti in una stessa alleanza, Gesù dice loro: ”Questo calice è il calice del mio sangue versato per voi”. I discepoli non comprendono ancora ma Gesù dà loro la chiave per affrontare i giorni della sua passione.

I contadini di Haiti avevano ricevuto la fede trasmessa dalla chiesa a partire dall’esperienza di questi discepoli e portando il corpo di Cristo in processione nella loro vita di miseria sapevano che lui era con loro e che con loro aveva compiuto in pienezza l’alleanza di libertà e di verità. Ora prendono il pane, bevono al calice, e ciascuno, ricevendo la grazia della vita di Cristo, costituisce l’unità del popolo, questo popolo dell’alleanza nuova, questo popolo che è la chiesa, sacramento della salvezza del mondo. Siamo noi, oggi, questa chiesa. Siamo noi oggi, famiglia di Domenico, segno di questo sacramento che è la chiesa. Signore Gesù, che hanno voluto chiudere nel tabernacolo, lasciaci prenderti con noi e amare il mondo, questo mondo che tu sei venuto a salvare.