Omelia del Cardinal Angelo Becciu prefetto della Congregazione dei Santi, tenuta a Orano per la beatificazione del vescovo domenicano Pierre Claverie e di altri 18 martiri in Algeria.

Cari fratelli e sorelle!

Il brano dell’Apocalisse (cfr Ap7,9-17), proclamato nella seconda lettura, ci presenta idealmente la «moltitudine immensa» (v.9) di coloro che hanno già raggiunto la meta dell’eterna salvezza verso cui noi tutti siamo incamminati: il regno della speranza, il regno di coloro che vedono Dio così come egli è. L’apostolo Giovanni nella sua visione ricca di simbologia li vede in piedi, davanti al trono di Dio, «avvolti in vesti candide», colore della luce divina e della gloria pasquale. Ma il candore delle vesti è ottenuto immergendole nel sangue rosso del Cristo: questi eletti hanno sperimentato la «grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (v.14). Lo splendore è raggiunto attraverso il crogiuolo della sofferenza, della donazione di sé, della croce. Partecipando alla passione e morte di Gesù, il re dei martiri, si giunge alla luce: per crucem ad lucem recita l’antico adagio cristiano. In questo modo viene completato nella «nostra carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).

Nelle loro mani, questi salvati stringono una palma, che nell’antico Testamento è il segno del trionfo e dell’acclamazione; il dolore, l’impegno rigoroso della testimonianza, la rinuncia a se stessi non generano morte ma gloria, non producono fallimento ma vita e felicità. La scena dell’Apocalisse mostra poi il coro potente dei santi che cantano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello» (Ap7,10). Il testo dell’Apocalisse ci ha, così, delineato il ritratto del beato e del santo: egli appartiene solo a Dio, appare in ogni angolo della terra e in ogni epoca della storia, vive con fedeltà anche nella prova percorrendo la via della croce, giunge alla meta gloriosa dell’eternità ove per sempre vivrà nella gioia, nel canto, nella gloria, in quell’infinito gorgo di luce e di pace che è Dio.

Tra queste moltitudini che hanno raggiunto un destino di gloria, la Chiesa desidera chiamare oggi per nome 19 nuovi Beati, uccisi tra il 1994 e il 1996 in luoghi e tempi diversi ma nello stesso contesto turbolento. In questa terra, qui in Algeria, essi hanno annunciato l’amore incondizionato del Signore verso i poveri e gli emarginati, testimoniando la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa fino al martirio. E’ bello pensarli ora tra coloro che sono passati attraverso «la grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col Sangue dell’Agnello» (v.10). Provenienti da otto Istituti diversi, questi nostri fratelli e queste nostre sorelle vivevano in questo Paese svolgendo diverse missioni e furono forti e perseveranti nel loro servizio al Vangelo e alla popolazione, nonostante il clima minaccioso di violenza e di oppressione che li circondava. Nel leggere le loro biografie si rimane colpiti nell’apprendere come tutti, pur consapevoli del rischio che li assediava, decisero coraggiosamente di restare al loro posto fino alla fine; in essi si sviluppò una forte spiritualità martiriale radicata nella prospettiva di sacrificare se stessi e offrire la propria vita per una società riconciliata e di pace.

I Beati Pierre Claverie e 18 compagni martiri portano su di sé il sigillo salvifico della Redenzione di Cristo. La Chiesa, iscrivendo i loro nomi nel libro dei salvati e dei Beati, desidera riconoscere l’esemplarità della loro vita virtuosa, l’eroismo della morte di questi straordinari operatori di pace e testimoni di fraternità e, al tempo stesso, rendere il supremo omaggio a Gesù, redentore dell’uomo. In Cristo, la Chiesa desidera adorare il Dio vivo: poiché la gloria di Dio è l’uomo che da Lui ha la pienezza di vita.

Questa pienezza di vita l’ha sperimentata in modo incomparabile la Vergine Maria – della quale oggi celebriamo l’Immacolata concezione – quando l’Arcangelo Gabriele le ha annunciato che Ella aveva trovato grazia presso Dio e che per opera dello Spirito Santo avrebbe concepito Gesù, il Figlio dell’Altissimo. «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Anche noi oggi, contemplando questi nuovi Beati siamo invitati a rallegrarci ed esultare, perché in essi vediamo risplendere il mistero dell’eterna santità di Dio uno e trino, che a noi viene riproposta in una nuova attualizzazione del Vangelo che questi nostri martiri hanno testimoniato fino all’effusione del sangue. Li ricordiamo come fedeli discepoli di Cristo che sono stati amanti della povertà, sensibili verso la sofferenza, premurosi con gli abbandonati, partecipi dell’angoscia e dell’afflizione dei loro fratelli. Questi eroici testimoni dell’amore di Gesù si sono spinti fino alla radice dell’esperienza che l’uomo fa del proprio limite: l’umiliazione, il pianto, la persecuzione.

Si sono conformati pienamente al sacrificio di Cristo, identificato in Isaia con il Servo sofferente di Jahvè che, come abbiamo sentito nella prima lettura, offrendo «se stesso in sacrificio di riparazione […] dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e giustificherà molti» (Is 53,10b.11). Ciò avviene proprio mediante la Croce, poiché nella morte di Gesù Dio si è definitivamente avvicinato all’umanità e l’uomo ha acquistato piena coscienza della sua dignità ed elevazione. Con la loro morte da martiri, anche i nuovi Beati sono entrati nella luce di Dio e dall’alto vegliano sulle persone che hanno servito e amato, pregando incessantemente per tutti, anche per coloro che li hanno colpiti. Continuano così quella profetica missione della misericordia e del perdono, di cui sono stati testimoni nel corso della loro vita terrena. Il loro esempio susciti in tutti il desiderio di promuovere quella che il Santo Padre Francesco ha definito la «cultura della misericordia che dà vita ad una vera rivoluzione» (Lettera apostolica Misericordia et misera, n. 20). Considerando la dinamica del perdono, insita nel messaggio cristiano e vissuta mirabilmente dai nuovi Beati, noi auspichiamo e preghiamo che l’Algeria possa superare definitivamente quel terribile periodo di violenza e di afflizione.

La morte tragica dei Beati Pietro Claverie e dei 18 compagni martiri è un seme sparso nei momenti difficili, fecondato dalla sofferenza che porterà frutti di riconciliazione e di giustizia. Questa è la nostra missione di cristiani: seminare ogni giorno il seme della pace evangelica, per gioire dei frutti della giustizia. Con questa Beatificazione noi vorremmo dire all’intera Algeria solo questo: la Chiesa non desidera altro se non servire il popolo algerino, testimoniando amore verso tutti.

In ogni angolo della terra, i cristiani sono animati dal desiderio di portare il loro concreto contributo per costruire un futuro luminoso di speranza con la saggezza della pace, per edificare una società fondata sul rispetto reciproco, sulla collaborazione, sull’amore. Questa società potrà diventare realtà piena se ognuno si sforzerà di sviluppare la pedagogia del perdono, tanto necessaria anche in questo Paese.

La comunità cristiana in questo Paese sparge piccoli ma significativi semi di pace. Da questa Beatificazione, essa possa sentirsi rafforzata nella sua presenza in Algeria; da questi 19 martiri si rafforzi nella convinzione che la preziosa presenza presso questo popolo è giustificata dal desiderio di essere luce e segno dell’amore di Dio per l’intera popolazione.

La testimonianza luminosa di questi Beati costituisce un esempio vivo e vicino per tutti. La loro vita e la loro morte è un appello diretto a tutti noi cristiani e in particolare a voi, fratelli o sorelle di vita Religiosa, ad essere fedeli ad ogni costo alla propria vocazione, servendo il Vangelo e la Chiesa in una vita di vera fraternità, nella perseveranza e nella testimonianza della scelta radicale di Dio.

Non posso terminare senza esprimere un vivo ringraziamento alle Congregazioni religiose a cui questi nostri fratelli appartenevano come pure alle loro famiglie naturali che tanto hanno sofferto per la loro perdita, ma che ora possono gioire con tutta la Chiesa per saperli Beati in Cielo. Siamo tutti confortati dalla certezza che questi nostri fratelli e queste nostre sorelle Martiri, con il loro sacrificio, con la loro costante intercessione e con la loro protezione faranno crescere in questa terra copiosi frutti di bontà e di condivisione fraterna.

Per questo ci rivolgiamo a loro e diciamo: Beati Pietro Claverie e 18 compagni e compagne martiri, pregate per noi!