Il 19 settembre 2016, nella chiesa di Madonna dell’Arco (NA), quattro prenovizi hanno ricevuto l’abito domenicano. Da qui parte il noviziato per la nostra provincia di san Domenico in Italia

Sono fra Danish Digal, fra Michele Lasi, fra Marco Meneghin e fra Giuseppe Fracci. Con loro altri quattro novizi delle altre province italiane.

Fra Michele Lasi ha scritto l’interessante riflessione che trovate di seguito

Una sera di quest’estate sono uscito con alcuni amici per fare una passeggiata sul lungomare riminese che, soprattutto in questo periodo dell’anno, si tinge delle più svariate figure. Ad un tratto, mentre stavo camminando, si distingue tra la folla un individuo che attira la mia attenzione: indossava due infradito di colore diverso l’una dall’altra, un paio di bermuda con motivi hawaiani fosforescenti, una t-shirt nera che riportava in scritte bianche “Non sono un uomo di spettacolo ma uno spettacolo di uomo” (abbastanza azzeccata come definizione) e un paio di occhiali le cui lenti coprivano quasi interamente la parte superiore del viso e la cui montatura emetteva luci rosse e blu a intermittenza. Al vedere questa persona mi sono uscite liberamente e sottovoce queste parole: “Che patacca!”. Anche se è difficile attribuire un significato univoco a questo termine (di cui evito di riportare tutte le sfumature), la mia intenzione era quella di esprimere il mio stupore con l’esclamazione: “Che personaggio stravagante!”. È proprio vero che i vestiti che indossiamo esprimono il nostro carattere, il nostro temperamento, il modo in cui consideriamo noi stessi e anche quello in cui vogliamo che la gente ci concepisca.

Ce ne sono alcuni, però, che definiscono univocamente il nostro essere, come l’anello nuziale definisce una persona sposata. È una questione di identità. Basti pensare alla nostra adolescenza quando gli adulti ci chiedevano curiosi: “Cosa vuoi fare da grande?”, domanda che potrebbe essere espressa meglio in questo modo: “Chi vuoi essere da grande?”. Le nostre risposte erano inevitabilmente legate ad un abito che indicava una professione o uno status. Camice bianco e stetoscopio? Il dottore! Giacca di pelle, borchie e chitarra elettrica? Il cantante rock! Tutte queste sono risposte alla domanda umana fondamentale “Chi sono io?” e, coerentemente a ciascuna risposta, aspiriamo a vestirci in un modo piuttosto che in un altro, desideriamo che il nostro corpo abbia un contorno che sottolinei chiaramente questa decisione che abbiamo preso per il nostro futuro. Perciò, quella dell’abito, non è una questione solo superficiale (cosa che certamente è per definizione) ma è la punta di un iceberg che significa qualcosa di molto più profondo.
Tra qualche giorno il mio abbigliamento cambierà notevolmente. No, non andrò in cerca delle nuove collezioni autunno/inverno dei migliori marchi di abbigliamento. Mi sarà donato, invece, l’abito dell’Ordine dei Predicatori. Questo fatto cambierà il modo in cui considererò me stesso per il resto della vita. Il fatto che Dio abbia avuto misericordia di me tramite il carisma di San Domenico sarà visibile a chiunque grazie all’abito che mi sarà dato il 19 Settembre. La mia fede e la mia coscienza cristiana sono cresciute e maturate soprattutto durante questi ultimi anni trascorsi a studiare in università, ma hanno attraversato anche qualche “burrasca”. Quando si sono presentati momenti difficili, di dubbio, di amarezza o di dolore, i mezzi a cui ricorrevo per riprendere ad aver certezza della mia vocazione erano i sacramenti, la preghiera, il padre spirituale e gli amici. Tra pochi giorni potrò averne uno in più che mi ricorderà chi sono e che mi aiuterà a combattere tutte le paure, gli scoraggiamenti e i fantasmi che potranno comparire durante l’anno di Noviziato e l’intero percorso vocazionale. La risposta al mio desiderio di identità, cioè di appartenere al Signore in questo carisma particolare di San Domenico, assumerà i caratteri di un abito con proprio quei due colori, il bianco e nero. Certo, l’abito non è qualcosa che, indossato una volta, rende automaticamente santo chi lo indossa, ma non è neanche un accessorio ridondante che lascia inalterata l’anima di chi si fa abbracciare da esso. Lo scapolare non mi risparmierà le battaglie interiori, la cintura non mi darà l’acutezza per discernere i segni che il Signore mi manderà o la disponibilità ad accoglierli, la debolezza della volontà non sarà sconfitta dalla cappa, la mantellina non garantirà l’attenzione e l’intelligenza nello studio o (la cosa più importante) l’amore a Cristo e la passione per la salvezza di tutti gli uomini, ma tutte queste cose saranno dei pungoli dolci ed efficaci per adempiere nel modo più fedele possibile, con le mie capacità e nonostante le mie incapacità, tutte queste cose e procedere ancor più lietamente sulla via che il Signore mi ha indicato.

di fra Michele Lasi

Qualche scatto della giornata.