Perché un articolo sulla Sacra Famiglia nel mese di novembre? Perché la Sacra Famiglia è eterna. In tutti noi c’è il desiderio di conoscere la più profonda identità di noi stessi. San Francesco e santa Caterina, patroni del nostro amato Paese, dicevano: “Chi sei tu, mio Dio? E chi sono io?”. E non è una domanda retorica. Chi sono io? La Sacra Famiglia ci risponde. Il mio desiderio più grande è quello di non dire parole che passano. Questa, purtroppo, è stata anche la vicenda dei grandi. Platone, Manzoni, dicono certamente cose interessanti, anche a distanza di tempo, ma di sicuro non è questa la risposta alla nostra domanda quotidiana, continua, sul cuore dell’esistenza, sulla direttrice del nuovo passo, sulla meta finale da conoscere sempre più liberamente e fiduciosamente. Abbiamo bisogno di una parola che ci viene a visitare nel cuore, ad ogni passo, ogni giorno, ogni volta che siamo di fronte alla possibilità di cadere. Perché vogliamo essere come veramente siamo, nel profondo, nella mente di Dio. Lì non c’è dolore, non c’è insicurezza. Soprattutto, non c’è traccia di egoismo o di superbia. Lì c’è il tanto desiderato amore. L’amore rende bella ogni cosa, rende giusta ogni cosa, rende perfetto tutto. Che grande dono la percezione del male: poter avvertire la presenza di qualcosa che non va, che non ci lascia contenti. Esso è una scintilla di eternità, una scintilla di vita eterna, di vita perfetta. Lì anche gli errori vengono trasfigurati, ma mai tollerati; non si può sbagliare: ci si slancia sopra gli sbagli come sopra un piedistallo.

Questa grande premessa per introdurre l’icona della Sacra Famiglia. «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). Ma a noi questa volta piace soffermare lo sguardo su un altro momento, quello del Gesù un po’ più grande, del Gesù non più adolescente, ma pur sempre giovane. «Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele» (Lc 1,80). Non si parla di Gesù, qui, ma di Giovanni Battista. Immergiamo la nostra mente in quel momento cruciale della crescita di Gesù e di questo suo cugino. Quali devono essere stati i pensieri di Maria, di Giuseppe, di Elisabetta, di Zaccaria! Quante preoccupazioni, quanta pienezza! Non diciamo che di quei giorni non sappiamo niente: sappiamo ciò che serve, sappiamo tutto. Sappiamo con quale cuore Gesù amava la sua propria vita e il mondo che andava umanamente scoprendo. Sappiamo con quale cuore Maria e Giuseppe amavano e fecondavano questo amore che, lo sapevano, era l’unica fonte della loro esistenza, della loro vita. Questa è la luce, questo è il volto che dobbiamo contemplare. Quel volto glorioso che sostiene in ogni istante la nostra vita, che ci permette di mangiare, di camminare, di ridere, di pensare, di amare. La bellezza originaria dell’unico che è Figlio davvero, e che elevando l’umanità a sua seconda natura ci ha permesso di essere padri. Come san Giuseppe, padre di Dio in un certo senso, che lui ha amato come un figlio, imparando così ad amare in verità e purezza, senza piegare l’amore al nostro cuore, ma dando al nostro cuore la forma dell’amore. Soprattutto Maria, vera madre di Dio e bellissima immagine della genitorialità del Padre. Gesù poi, rivela l’uomo all’uomo, come dice il Concilio, ma rivela anche te, caro lettore, a te. La rivelazione non parla dell’uomo dei libri di storia, né dell’uomo dell’antropologia. Parla di te. Tu sei Adamo, tu sei, soprattutto, il figlio amato. Ecco, la Sacra Famiglia ci insegna ad essere veramente figli.

Ma tu aspetti da me, o meglio da te stesso, o meglio ancora da Dio, una risposta. Beh, sii Gesù. Quel Gesù che ci viene incontro nell’eucaristia, quel Gesù che ti perdona nella riconciliazione. Questa persona così vera, così storica, così capace di imprimere il suo nome sulla roccia, così capace di trasformare il mondo con la sua parola. Accogli ciò che lui è, accogli ciò che tu non sei per diventare veramente te stesso. Sii quel Gesù che cresce, sii quel Gesù che ascolta e interroga (cfr. Lc 2,48), sii quel Gesù che manifesta la sua intelligenza e dà le sue risposte davanti a Dio e agli uomini (cfr. Lc 2,47.52), sii quel Gesù che si occupa delle cose del Padre e salva il mondo (cfr. Lc 2,49; Gv 3,17). E tu, frate domenicano e suora domenicana, nel nome di Giuseppe e di Maria, che vi hanno fatto la grazia della vita religiosa, prendetevi cura di questo giovane, perché è il vostro Gesù.

fra Stefano Prina