È in questi giorni nelle sale cinematografiche il film “Silence” di Martin Scorsese, tratto dall’omonimo romanzo di Shuuzako Endo, nato a Tokio nel 1922; tutte le sue opere sono segnate dalla difficile avventura di appartenere alla Chiesa cattolica. Molti Giapponesi hanno conosciuto il cristianesimo dai suoi romanzi.
Ecco un’intervista con lo scrittore di fra Manuel Rivero, dei Domenicani di Tokio.

– Il Giappone ha un alto livello tecnologico: Qual è l’influenza della cultura e della religione in Giappone?
Dal punto di vista storico le tecniche moderne sono nate dalla religione che cercava la verità. Dopo il Rinascimento la tecnica moderna ha acquistato la sua autonomia rispetto alla religione. Oggi assistiamo a uno scarto tra la tecnica e la religione; è necessario ritrovare una relazione armonica tra religione, cultura e tecnica. Il filosofo Jacques Maritain pensava che la tragedia moderna derivasse da questa separazione.
Il Giappone ha ricevuto la tecnologia occidentale senza conoscerne troppo i fondamenti filosofici. Da noi non c’è una filosofia della conoscenza tecnologica ma certo ci rendiamo conto della dicotomia tra gli aspetti negativi -ad esempio il bombardamento di Hiroshima – e gli aspetti positivi, come il benessere materiale. Dopo la seconda guerra mondiale i Giapponesi avevano un complesso di inferiorità e adottarono il modello americano di consumo: la felicità consisteva così nell’avere un’automobile, una lavatrice ecc. Abbiamo lavorato molto per realizzare questo ideale americano.

– Cosa pensa dell’influenza del confucianesimo sulla società giapponese?
Oggi è più facile constatare la continuità con il confucianesimo in Corea, piuttosto che in Giappone. Il confucianesimo è paternalista mentre ora in Giappone la famiglia si fonda sulla coppia. Il ruolo del padre non è più così importante che una volta. I Giapponesi amano la famiglia e questo si manifesta anche in alcune imprese: penso ad una grande azienda elettrica dove le giovani donne impiegate sono considerate come membri di un’unica famiglia. Possono imparare la cucina, l’arte di disporre i fiori, la cerimonia del thè ecc. Le aziende giapponesi ci tengono a rendere gradevole la vita dei loro dipendenti.

– Qual è l’attitudine religiosa dei Giapponesi?
I Giapponesi sono abitati da un sentimento cosmico, fondato sull’animismo; il loro ideale religioso comporta una ricerca dell’armonia cosmica, per cui la nozione di coesistenza è fondamentale. Così si ritrovano insieme l’alta tecnologia e le credenze tradizionali. Per esempio, quando si costruisce una casa, si mette sul tetto una statua che ricorda la religione shintoista. Per voi Occidentali è difficile capirlo. La Chiesa cattolica dovrebbe immaginare una teologia adatta a questa mentalità giapponese.
Dopo anni, la Chiesa afferma che bisogna dialogare, ma in realtà non c’è un vero dialogo. Perché ci sia dialogo bisogna che ognuno possa ritrovarsi sullo stesso piano, cioè su un piano di uguaglianza. I cristiani ragionano sovente come se fossero i soli a possedere “la patente di guida”. Le altre religioni sanno magari guidare, ma “non hanno la patente”. In Giappone, essere cattolico è qualcosa che esce fuori dall’ordinario: ci sono 500 mila cattolici su 120 milioni di Giapponesi. Per voi Occidentali invece essere cristiano non ha nulla di straordinario
In ogni religione è possibile scorgere il volto di Gesù. Fino ad oggi i teologi cattolici pensavano che le grandi religioni come il buddismo o l’induismo non potevano coesistere con il cristianesimo. Mi auguro che l’attitudine della Chiesa a questo riguardo si modifichi: Cristo esiste sia nel buddismo che nell’induismo. Forse i buddisti dicono che il Buddha è nel cristianesimo, e hanno il diritto di pensarlo. Se non riconosciamo ai buddisti il diritto di riflettere così, il dialogo non è possibile.
E’ importante che la Chiesa cambi atteggiamento affinché i giovani Giapponesi possano volgersi al cristianesimo. Bisognerebbe cercare le radici comuni alle religioni, come appaiono nei miti. Il risultato della missione dipende da questo.

– Quali sono le caratteristiche della filosofia giapponese?
Voi Occidentali vi siete stancati del cristianesimo, ma i Giapponesi non hanno una mentalità cartesiana: “essere chiaro “ è importante in Occidente mentre in Giappone l’ambiguità è un valore positivo. La filosofia giapponese si caratterizza principalmente per l’ambiguità. L’ambiguità evita la sclerosi del pensiero, favorisce la disponibilità a cambiare a seconda delle circostanze. L’ambiguità rappresenta la possibilità di coesistere con un’altra realtà. In questo i Giapponesi trovano la loro forza.

– Lei è fiero di essere giapponese?
In Giappone stiamo andando verso il degrado della qualità umana. Dopo la seconda guerra mondiale, l’utilitarismo è diventato un valore assoluto: è uno degli aspetti negativi della tecnologia. La cultura si basa su ciò che non è utile, anche se , in fin dei conti, proprio questo è davvero utile.
La gente in Giappone non ha una visione sull’eternità, ma piuttosto di breve termine. Ma possiede la capacità di salvarsi da solo e di trovare un ideale, come abbiamo fatto dopo la guerra.

– Lei è un cristiano felice?
Sono uno scrittore cristiano felice. Ho la vocazione dello scrittore cristiano