Domenica 4 agosto, giorno conclusivo del Capitolo generale dell’Ordine dei Predicatori celebrato a Bien Hòa (Vietnam), il nuovo Maestro, fra Gerald Timoner, ha tenuto l’omelia nella messa per la solennità di san Domenico. Ne pubblichiamo la traduzione italiana

Siamo riuniti per celebrare la solennità del nostro santo padre Domenico, luce della chiesa e predicatore della grazia. Siamo riuniti per ringraziare il Signore per la grazia di questo Capitolo generale tenuto qui a Bien-Hòa e per tutte le grazie che da Lui abbiamo ricevuto.

Il precedente Capitolo generale, a Bologna, era iniziato con un incontro dei frati studenti di tutto il mondo che si erano recati in pellegrinaggio con fra Bruno, Maestro dell’Ordine. Qui a Bien-Hòa il Capitolo termina con la professione solenne di ventuno frati che hanno fatto voto di camminare con noi alla sequela del Cristo-Predicatore, che hanno osato dire “sì” a un futuro che non è nelle loro mani, perché credono fermamente che il futuro è nelle mani amanti e misericordiose di Dio. Dio è potente e fedele perché mantiene ciò che promette. E la potenza di Dio risplende su di noi quando manteniamo la nostra parola, quando restiamo fedeli ai nostri voti. Preghiamo perché perseverino nella fedeltà.

Perché promuoviamo le vocazioni nel nostro Ordine? Perché invitiamo degli uomini e delle donne a unirsi a noi nella famiglia domenicana? Li reclutiamo perché è nostro dovere assicurare che il carisma domenicano si perpetui nelle generazioni a venire? Forse perché abbiamo bisogno di collaboratori che ci aiutino a predicare il vangelo? Oppure perché in questo nostro tempo – più che in ogni altro momento storico – ci sono miliardi di persone che non hanno ancora sentito parlare del vangelo, o perché sono indifferenti, o perché “la messe è molta ma gli operai sono pochi”? Credo che tutte queste siano buone ragioni per accogliere dei frati e delle suore nell’Ordine. Tuttavia, penso che il motivo probabilmente più importante sia che noi vogliamo condividere la gioia di predicare il vangelo. Vogliamo condividere il tesoro della vita domenicana. Sappiamo per esperienza che quando incontriamo qualcosa di magnifico o di stupefacente, la prima cosa che ci viene in mente sono le persone che amiamo: come vorremo che fossero con noi! Quando i frati capitolari ritorneranno a casa, penso che racconteranno delle cose interessanti che hanno visto, sentito e gustato qui in Vietnam. È così che io immagino la comunione dei santi – mentre godono della visione beatifica i santi si ricordano di noi e forse dicono: “come vorremmo che fossero qui!”. Noi, da parte nostra, diciamo: ”Nos iunge beatis”!

Gesù, nel vangelo di oggi, ci dice che siamo il sale della terra e la luce del mondo. La luce della fede che abbiamo ricevuto nel nostro battesimo ci dà il potere di donare colore e sapore al nostro mondo. Papa Francesco ce lo ricorda nella Lumen Fidei: “la fede non è una luce che disperde tutte le tenebre, ma una lampada che guida i nostri passi nella notte e che basta per il viaggio”(n.57). Anche con una fede ferma e incrollabile le tenebre continuano a rimanere nel nostro mondo. Tuttavia non abbiamo nella da temere, perché la fede è una lampada sicura che rischiara il nostro cammino.

Qui in Vietnam il nome Domenico si traduce Ða Minh, che significa luce meravigliosa! Domenico è lumen ecclesiæ. Come cristiani, e soprattutto come domenicani, siamo la luce del mondo. Ma in quanto luce, siamo più come la luna che come il sole. Gesù è l’unica vera luce del mondo, noi non facciamo altro che riflettere la sua luce. È quello che i padri della chiesa chiamano “ministero lunare”: riflettere la luce di Cristo come la luna riflette la luce del sole. E sappiamo che la luminosità di un chiaro di luna dipende dalla sua posizione rispetto al sole. Lo splendore della luce che portiamo come domenicani dipende dalla nostra relazione con Cristo. Alcuni di noi brillano come la luna piena, quando la gente li guarda avverte immediatamente la gioia e la pace che si irradiano da Cristo. Si dice che chi è innamorato brilla e risplende: un domenicano innamorato di Dio, che è in pace con se stesso e con gli altri, risplende e brilla in una maniera straordinaria! Lo puoi facilmente notare anche se sta in un angolo scuro di una stanza perché risplende e brilla anche al buio! Per contro, alcuni di noi sono in fase di luna calante, rischiarano appena, quasi nascosti da Cristo. Quando si vede un domenicano triste, irritabile e scorbutico, la cui sola presenza toglie ogni energia, ebbene può essere che quel frate o quella suora attraversi un’eclissi lunare. Ha bisogno urgentemente della nostra premura fraterna perché la luce che viene da Cristo è completamente bloccata da qualcosa che sta tra lui e Cristo. Siamo la luce del mondo, ci assicura Gesù, ma che genere di luce siamo? Luna piena, luna calante o eclissi lunare? Predicare Cristo con le parole e con i fatti è un “ministero lunare”.

Domenico è luce della chiesa, proprio come la luce di cui parla Gesù nel vangelo. Domenico non ha trattenuto per sé la scintilla dell’ispirazione divina, ha fondato l’ Ordine di Predicatori, un ordine di uomini e donne che si dedicano allo studio della verità, alla grazia della predicazione, alla costruzione di comunità, soprattutto a edificare la chiesa.

Una delle domande che mi ha intrigato fin da quando ero novizio è come mai del fondatore dell’Ordine dei Predicatori non si sono conservati sermoni o omelie. Non certo per la mancanza di materiale scrittorio perché noi possiamo ancora oggi leggere le bellissime omelie di sant’Agostino, scritte secoli prima. Abbiamo solo tre brevi lettere scritte da Domenico, una indirizzata alle monache, due per convertiti dall’eresia. Penso che ci debba essere una valida ragione per questa mancanza di omelie scritte di Domenico. Vi invito a usare l’immaginazione e a suppore che tale mancanza può fare luce sul mistero che, per Domenico, l’Ordine da lui fondato è il suo sermone che continua. Ha chiamato i suoi primi conventi non “case dei predicatori”, ma “sante predicazioni”. Noi tutti siamo l’omelia di san Domenico nel mondo attuale. Siamo parte del sempre crescente testo del suo sermone. La parola testo viene dal latino texere, che significa tessere. Il testo del sermone di Domenico è tessere insieme le vite e le testimonianze che coloro che sono catturati dal suo spirito, dalla sua passione per la verità e dalla sua compassione per l’umanità.

Se possiamo immaginare di essere parte della predicazione di Domenico, vi invito a pensare a dove vi trovate voi, nel testo di questa omelia di san Domenico. Siete proprio nel mezzo del testo, in grandi lettere in grassetto? Siete una noiosa, insignificante nota a pié di pagina? Siete una nota a pié di pagina che nessuno legge ma che invece dovrebbe perché vi troverebbe qualcosa di interessante, che dà una comprensione del testo del tutto nuova e che invia verso nuove e penetranti direzioni? Siete una nota a margine che riflette sul testo e lo critica? Forse siete proprio al margine, appena compresi nella pagina, ma questa esistenza marginale segna i limiti del testo e delimita il mondo nel quale il testo ha la sua esistenza. E che cosa dice il testo? Che cosa voi, che siete il testo, dite a voi stessi? Noi siamo l’unica ma durevole predicazione di Domenico nel mondo d’oggi. Le decisioni che abbiamo preso nel Capitolo generale, che sono di per sé un tessere insieme i nostri sogni collettivi e le nostre decisioni, intendono rendere la predicazione di Domenico più eloquente per il mondo d’oggi. Siamo venuti da ogni parte del mondo per celebrare la nostra comunione di domenicani. Abbiamo camminato con il Signore per quattro settimane. Dopo questo incontro ritorneremo alle nostre case. Per quanto sembri paradossale, anche se ci separiamo e partiamo per differenti destinazioni, noi continuiamo a camminare insieme, perché apparteniamo alla famiglia di san Domenico, lumen ecclesiæ, e abbiamo uno stesso scopo: irradiare nel mondo la luce di Cristo, il Verbo incarnato.

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