“Osanna! Osanna!” L’eco delle urla festanti che accolgono Gesù a Gerusalemme risuona nel rito che apre la celebrazione della domenica delle palme; più propriamente si chiama “domenica delle palme e della Passione del Signore, perché il vangelo letto è quello della passione e la settimana santa che si apre commemora gli ultimi, drammatici, giorni della vicenda terrena di Gesù. Nell’arco di pochi minuti si passa dalla festa alla tragedia, dalla gioia al lutto e al pianto. La stessa folla esultante di lì a poco griderà: ”Crocifiggilo!”.
Questo contrasto riflette bene chi siamo e cosa viviamo, sia a livello personale che collettivo. Siamo degli individui e delle società capaci del meglio e del peggio; fatti per la gioia, la felicità e la festa siamo minacciati dalla sofferenza, dal dolore e dal peccato. Siamo così contradditori e così fragili! Fatti per amare ed essere amati, per vivere in amicizia e fraternità, siamo anche ripiegati e chiusi su noi stessi, vittime dei nostri limiti e dei nostri difetti, della nostra cattiveria e del nostro orgoglio.
Tutto questo si ritrova a livello personale e a livello via via più grande: nella famiglia, nelle comunità, nelle città, nelle nazioni, nel mondo intero. Milioni di persone vivono situazioni disperate: miseria, guerra, esodi di massa, catastrofi naturali… In grande, sono lo specchio di quello che ognuno vive, delle sue contraddizioni, dei suoi malesseri, dei suoi disastri… Ad ogni livello ingiustizia, infelicità, sofferenza; ma anche, a ben vedere, solidarietà, gioia, speranza…
Fare memoria della passione del Signore ci ricorda chi siamo, esprime la nostra drammatica realtà. Ma ci dice anche che dal quel momento, in verità, tutto è cambiato.
Realtà e verità sono parole che il linguaggio ordinario confonde. Ma è importante differenziarle, tanto più che Gesù si definisce come verità e davvero egli è la verità ultima sull’uomo (e non piuttosto l’inizio di una realtà nuova che la Chiesa è chiamata a costruire nella storia per sopperire alla mancanza di Cristo ormai asceso al cielo e proseguire la sua opera redentrice).
Se ci si pensa, la storia testimonia la tensione perdurante tra la realtà dell’uomo, la cui sigla è la guerra, e la verità dell’uomo che è di essere un essere di pace. L’esistenza umana nel suo complesso è testimonianza di un’analoga tensione tra realtà e verità: tra le realtà del suo vissuto temporale e la verità della sua vocazione eterna, tre la realtà dei fatti che compongono la sua biografia e la verità del loro significato che a ritroso si fa luce; tra la realtà dell’esperienza presente, determinata dall’oscurità del futuro, e la verità della memoria che da quel futuro legge gli eventi trascorsi; tra la realtà della morte e la verità della risurrezione. La verità trascende la realtà concreta. Piccola differenza, sembra solo una sfumatura, ma vedete…
Con la passione del Signore tutto è cambiato: trascinato sulle nostre strade di tortura e di persecuzione, inchiodato a una croce e rinchiuso in un sepolcro, Gesù ci ha spalancato una strada di liberazione, un futuro di speranza. Il male e la morte non hanno più l’ultima parola. Il peccato e l’odio sono stati crocifissi e non possono risuscitare. Il Figlio di Dio si è addossato la nostra fragilità, la nostra miseria e il nostro peccato e li ha trasformati in nuova vita.
Questa è ormai la verità sull’uomo e sul mondo, questo è il fondamento della nostra speranza. Di questo dobbiamo essere annunciatori e testimoni.
Entriamo volentieri con la fede in questa santa settimana di passione per riviverne il mistero con gratitudine e gioia profonda. Ormai sappiamo che anche il più grande dei peccati può essere trasformato dalla grazia di Cristo, trasfigurato dal suo amore che una volta per tutte ha vinto il male e la morte.

fra Enrico Arata