Veglia Pasquale

Nel cuore della fede cristiana

31 marzo 2018

La Veglia pasquale e la domenica di Pasqua celebrano lo stesso mistero e costituiscono, così, insieme, il terzo e ultimo giorno del triduo. La domenica di Pasqua fa anche da cerniera fra il triduo e i cinquanta giorni del tempo di Pasqua. Al posto di una notte di lettura continua delle Scritture, specialmente dell’Antico Testamento, oggi la Veglia offre solo un compendio dei momenti fondamentali della storia della salvezza. Delle sette letture prescritte, le prime tre sono essenziali perché ricordano gli avvenimenti basilari della storia della salvezza e presentano le immagini che permettono di interpretare il mistero pasquale di Cristo. Il passo del Nuovo Testamento tratto dalla lettera ai Romani (6, 3-11) ha segnato l’interpretazione del battesimo e lo sviluppo del rito battesimale in Occidente. Il vangelo infine racconta la scoperta del sepolcro vuoto da parte delle donne e la narrazione raggiunge il suo punto culminante nell’annuncio dell’angelo: Gesù è risorto dai morti. Dalla notte di Pasqua, il cosmo è invaso dalla notizia più rivoluzionaria, più consolante, più vera, della storia: “Cristo Signore è risorto!”. Questo messaggio avvera, con una pienezza che sorpassa l’attesa, le speranze dei patriarchi e dei profeti antichi, che verranno proclamate e ricordate nelle letture della veglia santa. Cristo è risorto! Qui sta il cuore della fede cristiana.

Il brano del vangelo di Marco sorprende. Si attendeva la visione di un Gesù trionfante sulla morte, risorto in tutto il suo fulgore e invece giunge un messaggio misterioso: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù nazareno, il crocifisso. É risorto non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto» (Mc 16, 7). Il racconto, poi, si chiude con una annotazione che il brano proclamato omette: «E non dissero niente a nessuno perchè erano impaurite.». Ma davvero queste donne impaurite non hanno nulla da dire? E’ vero, sono spaventate, ma anche estasiate quasi, cioè «fuori di sé», dice il testo greco. Allora: l’invito è rivolto a tutti coloro che prendono parte alla Madre di tutte le Veglie, ad essere sorpresi, in estasi, meravigliati davanti al ricordo della creazione, dell’esodo, dell’alleanza, della relazione d’amore che Dio ha sempre donato agli uomini, del suo perdono senza limiti sempre disponibile e finalmente, ad essere sorpresi, fuori di sé, davanti alla tomba vuota. Queste donne che si avviano verso un sepolcro dopo tre giorni potrebbero ricordare la resurrezione di Lazzaro, ma qui il sepolcro è aperto e vuoto. Il corpo che esse vengono ad ungere, profumare, non c’è, è assente. Al posto di un corpo, trovano, ascoltano una parola, una parola portatrice di vita: egli è risorto, non è qui vi precede in Galilea.

Dovremo abituarci ormai a riconoscere la presenza del Risorto nella sua parola: «Lo Spirito che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Alla morte di Gesù, ricorda la versione di Matteo, il velo del tempio di strappò in due (cf. Mt 27,51). Questo velo dava accesso al Santo dei Santi dove la presenza di Dio era simboleggiata dal vuoto misterioso situato sopra l’arca santa tra le ali dei cherubini. Nel racconto evangelico di Marco la pietra che chiudeva il sepolcro «era già stata fatta rotolare benché fosse molto grande» (Mc 16, 4). Il luogo dove era stato deposto il corpo era vuoto e «un giovane, vestito d’una veste bianca, seduto sulla destra» (Mc 16, 5). Come allora non evocare/ricordare quelle parole che una volta Gesù pronunciò molto tempo prima: «Distruggete questo tempo e io in tre giorni lo farò risorgere»? Tuttavia, questo sepolcro non è il tempio nuovo perchè, esplicita Giovanni, «egli parlava del tempio del suo corpo» e come annotava sant’Agostino «il suo corpo risuscitato oggi siamo noi, la sua Chiesa. E noi diventiamo chiesa ogni qualvolta partecipiamo all’Eucarestia». Ma che significato può avere per noi quelle parole misteriose pronunciate dal giovane biancovestito: «Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete?». Ora, queste donne hanno seguito Gesù dalla Galilea fino a Gerusalemme, ed ecco che Gesù risorto le precede in Galilea. Questa parola le sconvolge perchè impedisce loro di restare a Gerusalemme nel luogo della sepoltura, del lutto, del dolore. Ma la morte non c’è più. Comincia una vita nuova. E con quella una nuova creazione, un nuovo esodo, una nuova alleanza d’amore sono davanti a noi: «Non posso pensarti dolente, dal momento che per un cristiano la morte odora già di resurrezione», scriveva Eugenio Montale ad una sua corrispondente.

Noi siamo chiamati a scoprire la resurrezione là dove viviamo, nel quotidiano delle nostre esistenze. Là si trova la nostra Galilea dove Gesù ci precede e dove noi vivremo del suo Santo Spirito. Sappiamo che le celebrazioni liturgiche ci permettono di sperimentare già questa presenza di Gesù nella nostra vita. Durante l’eucarestia i nostri occhi si aprono e ci offrono la possibilità di riconoscerlo e di ricominciare, ricolmati di gioia, le nostre attività, con il cuore ripieno di questa presenza. Certo, noi ritroveremo sempre le stesse ed interminabili preoccupazioni, le stesse situazioni dolorose, ma il nostro sguardo è cambiato e tutto prende allora un significato nuovo: lo scoraggiamento fa spazio alla speranza, lo smacco e la caduta diventano un trampolino per una nuova tappa, ogni persona che incontriamo è vista come un amico possibile e non come un estraneo, un potenziale nemico. Perché? Perché non siamo più soli, ma abitati da una presenza, quella di qualcuno che ci ama e ci dona fiducia, la presenza di Gesù che vive per sempre, in eterno. Egli ci precede e ci aspetta.