Gesù Cristo più forte del seduttore

1 marzo 2020

LETTURE: Gen 2,7-9; 3,17; Sal 50; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11

Il titolo della seconda lettura dà il senso di fondo di ogni interpretazione liturgica odierna: «Dove ha abbondato i peccato, ha sovrabbondato la grazia». Come infatti per la disobbedienza di Adamo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così per l’obbedienza di Cristo «si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita» (v. 18). Naturalmente il “mistero” di Cristo è più forte e più luminoso che l’oscurità del primo peccato, per cui sapientemente il CCC 388 osserva che «bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per conoscere Adamo come sorgente del peccato».

Da questo punto di vista il vangelo si situa come restaurazione e compimento di quanto narrato nella prima lettura. Non è il caso qui di esplicitare gli ovvi raffronti che l’omelia potrà/dovrà sviluppare: il serpente vincitore dei progenitori è vinto da Cristo; i progenitori rispondono guardando unicamente a se stessi, mentre Gesù risponde tenendo presente l’obbedienza al Padre. Anzi, Gesù ricapitola positivamente non solo la tentazione dei progenitori, ma le tentazioni del popolo nel deserto e lungo la storia successiva: potremmo dire che ricapitola positivamente tutte le tentazioni dell’umanità. Resta infine scontato che del racconto evangelico interessa più il senso e il riferimento all’insieme delle Scritture che non la cronaca, tanto che già Origene qualificava il racconto: «fatti descritti come avvenuti, ma che non sono avvenuti secondo il senso letterale» (I Principi 4,1).

La prima lettura ha subìto il “taglio liturgico” della descrizione del giardino paradisiaco e dell’ordine di Dio, che viene recuperato attraverso… le parole del serpente! Invece il titolo sembra ovvio ma non lo è: «La creazione dei progenitori e il loro peccato». Prima del peccato, il titolo mette in evidenza la creazione dell’uomo e della donna, l’iniziale situazione edenica e la bontà del progetto di Dio che rimane. Sono contenuti da recuperare omileticamente perché spiegano la possibilità di redenzione insita in ogni uomo.

I riferimenti battesimali

Secondo il RICA 133ss. oggi è previsto il rito dell’elezione o iscrizione del nome di quanti saranno iniziati al mistero di Cristo nella veglia pasquale. Tale rito non tiene però esplicitamente conto delle odierne letture. Ciò invece avveniva nell’antichità, quando il candidato, vestito di un camice e scalzo su un tappeto di peli grezzi che ricordavano le tuniche fornite da Dio al primo Adamo (cf Gen 3,21) e dunque il suo stato di decadimento, si trovava a lottare contro Satana che lo considerava suo bottino, mentre egli doveva proclamare di dipendere in realtà da Dio che all’inizio l’aveva creato a sua immagine. Scontato in questa lotta il parallelo con le tentazioni di Cristo (cf Teodoro di Mopsuestia, Omelia mist. 12).

Tornando al RICA, un riferimento come “ricordo del battesimo” è senz’altro la rinunzia a satana e a tutte le sue opere e seduzioni (n. 217) prevista prima della professione di fede battesimale. Ciò significa che i presenti sono già stati inseriti nella vittoria di Cristo e come Cristo hanno risposto al demonio: la penitenza sarà di riandare a quella risposta “riparando” le successive risposte che replicano quelle dei progenitori.

Oltre la lettera delle Scritture

La seconda lettura, unitamente alla prima, è uno dei testi classici sul peccato originale. Potrebbe essere utile la precisazione che per Adamo ed Eva si trattò di un «peccato personale», mentre per noi consiste in «uno stato e non un atto» (CCC 404), cioè in una condizione di decadimento.

San Tommaso d’Aquino osserva che gli atti umani hanno un principio interno – noi – e due principi esterni: il diavolo che ci inclina al male con la tentazione e Dio che ci muove al bene istruendoci con la sua legge e aiutandoci con la sua grazia (I-II, q 90). È il quadro in cui si muove la vita di ogni giorno e la liturgia di oggi, facendo però notare che le decisioni sono nelle nostre mani e che il demonio non potrà mai decidere al nostro posto, mentre Dio con la legge, la grazia e la redenzione di Cristo è infinitamente più forte del demonio.

Antropologicamente la caduta dei progenitori, le tentazioni di Cristo e il nostro battesimo sono eventi/racconti delle origini, nel senso che spiegano la situazione di oggi e si ripetono nelle grandi e piccole scelte. Dunque, come tra i popoli primitivi, la ripetizione di questi racconti dà il senso della vita e la orienta.

Delectatio victrix

Cristo vincendo il tentatore «ci insegnò a dominare le seduzioni (fermentum) del peccato» (prefazio). Il peccato ha una sua seduzione, cioè appare comodo e bello e la catechesi del demonio – per usare un’espressione di Kiko Argüello – è appunto basata sul porre in evidenza la bellezza del piacere legato al peccato. Il rimedio è la forza di Cristo, però anche lo scoprire una bellezza alternativa, tanto che sant’Agostino parlerà di una delectatio victrix. Per cui la bellezza della vita cristiana e della liturgia aiutano a non lasciasi ammaliare dalla voce del demonio. Anche se resta vero che «è per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul tentatore fin dall’inizio» (CCC 2849).

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