“Il cristianesimo non esiste ancora” di fra Dominique Collin, OP

Il primo passo per affrontare l’odierna catholic fatigue consiste, in altri termini, nel rinunciare a pensare che il cristianesimo non abbia più nulla da dire alle donne e agli uomini delle cosiddette società progredite, come se ci si ritrovasse di fronte ad una narrazione di cui conosciamo già la fine e che non ha soddisfatto le nostre attese, per ascoltare (finalmente!) l’annuncio di Gesù: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15).

È questo sostanzialmente l’invito che risuona con intelligenza e profondità dalle pagine de Il cristianesimo non esiste ancora (Queriniana, 2020), scritto dal confratello Dominique Collin dell’Ordine dei Predicatori. A motivo di una storia bimillenaria e di un contesto culturale che ci rimanda costantemente alle armoniche della cristianità, siamo troppo spesso portati a pensare il cristianesimo a partire da un passato che si è già compiuto, rimandando il “resto” – contrariamente agli esiti di ogni valido ragionamento metafisico – ad un’eternità proiettata in un altrove evanescente e, in fin dei conti, illusorio. Si finisce così per divenire custodi, spesso inconsapevoli, di una cristianità musealizzata in edifici di culto, riti, canti e pratiche che rappresentano perlopiù una “riserva” del bel tempo andato all’interno di una società rispettosamente indifferente. Che poi ogni proposta trovi un suo “pubblico”, che gradisce questa parentesi religiosa nell’orizzonte ormai secolarizzato dei nostri giorni… va da sé! Ma è a questo che ci chiama il Vangelo? Imbastendo un pensoso contrappunto sui Diari di Søren Kierkegaard, Collin ci invita a riflettere sul fatto che «il Vangelo è in anticipo rispetto a noi, che esso è ancora inaudito perché inaudibile finché perdura, per il cristiano, la finzione che gli fa credere di conoscere il senso del messaggio di Cristo». Se la nostra società risulta «“vaccinata” contro il cristianesimo» che si ritiene di aver già conosciuto, solo la consapevolezza che il cristianesimo “non esiste ancora” – come suggerisce la stessa nozione cattolica di Tradizione viva – può aiutarci ad ascoltare ex novo il Vangelo che risuona per invitarci oggi ad un’esistenza differente per grazia, senza costringerci ad una stanca coazione a ripetere. 

Se la realizzazione del messaggio di Cristo viene concepita come a-venire, allora può essere vista come qualcosa che ci attende, al di là di ogni restaurazione, ma anche di ogni riduttivo adattamento modernizzatore. Desideriamo infine passare dalle credenze del “cristianesimo di appartenenza” alla fede del “cristianesimo di esperienza”?

fra Marco Salvioli

(da Nostro Tempo, 10 gennaio 2021)

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